Antonio Alberto Semi: Questa è una domanda difficile per uno psicoanalista. Come nascono le idee? Da dove vengono? Come si formano? Ma non voglio sfuggire, voglio solo dire che la risposta è inevitabilmente incompleta. Se sto a come me la ricordo io, l'idea è nata a poco a poco, forse proprio dalla difficoltà di mettere a fuoco un qualcosa che mi accorgevo girare per la testa e che ritornava in mille modi, ma, anche, in modi apparentemente scollegati. Mi accorgevo che scrivevo degli articoli quasi per fissare degli appunti per un futuro lavoro, che però restava sempre lì. Intendo dire che c'era qualcosa dentro di me che lottava contro la prospettiva, effettivamente poco allegra, di mettere a fuoco un concetto inquietante: quello della attuale intollerabilità della soggettività, con tutto quel che essa implica sul piano della diversità, della singolarità e, però, anche dell'eguaglianza; siamo davvero tutti diversi uno dall'altro. E naturalmente c'era anche la resistenza ad accorgermi quanto la cultura, Kultur, attuale mi condizionasse. Uno pensa sempre di pensare con la propria testa, e invece… Così ho pensato, in definitiva, di costruire un libro che mostrasse almeno in parte questo lavorio.
Può spiegare perché, come suona il sottotitolo, «L’umanità è in pericolo»?
Il sottotitolo è molto etnocentrico. Ma per ragioni di sintesi non poteva essere altrimenti. Quello che intendevo indicare è il pericolo che il progetto nobile della nostra cultura, dal Rinascimento in poi, subisca o stia subendo una brusca svolta regressiva. Come del resto capita nella storia: lo sappiamo purtroppo bene. Ovvio, poi, che si trattava solo di una parte delle tendenze della nostra cultura, ma Dio solo sa quanto importante. In fondo, per dirla in termini antropomorfici, l'Europa ha puntato tutto sull'individuo, sul suo sviluppo, sulle sue potenzialità e, soprattutto, sulla sua capacità di sviluppare la soggettività. Da un affare di pochi, questo è diventato un affare di molti; e poi perfino (la Rivoluzione francese) un diritto di tutti. Con alti e bassi, con crisi spaventose, ma con anche vertici meravigliosi, siamo giunti fino a vedere, ahinoi, la cosiddetta crisi del soggetto e, soprattutto, la rivolta sociale e politica contro il progetto di sviluppo della soggettività. La Shoah è stata il suggello di questa reazione, con la negazione dell'esistenza dell'individuo-soggetto e lo schiacciamento dell'individuo su un'identità di gruppo. I tedeschi mandavano al lager «gli ebrei», non il Tizio o il Caio: che questi avessero una loro storia o vicenda personale era del tutto irrilevante.
Beh, quel che mi chiedo io – e non solo io, naturalmente – è se la reazione anti-soggetto non abbia continuato a svilupparsi in Occidente, benché sotto altre forme. Il tutto è complicato dal fatto per cui lo sviluppo dell'Occidente (e ora anche del resto del mondo) è legato moltissimo allo sviluppo delle capacità psichiche dell'individuo. Se nel Medio Evo le capacità di pensare anche in termini astratti potevano essere limitate o richieste specificamente ai pochi monaci e intellettuali, a qualche mercante, perfino a qualche nobile, oggi è necessario che le capacità di ragionamento e di problem solving siano estese a moltissimi e i ‘moduli’ di ragionamento che passano attraverso i mezzi di comunicazione sono spesso molto complessi ed elaborati. In questo senso, un cognitivismo piatto può essere solo uno strumento conformista della tendenza culturale in atto. Sennonché, il problema che si pone alle forze della repressione è subito questo: come fare a sviluppare le capacità di pensiero e a inibire contemporaneamente lo sviluppo della soggettività, la quale rompe le regole, non si conforma, non si adatta, crea sì qualcosa di nuovo, ma a spese del ‘già noto’ e del ‘già dato’? Il pericolo non è che il computer la vinca sull'essere umano, ma che l'essere umano divenga un computer, pena l'esclusione. Il grande assente, in questa dinamica repressiva, è il desiderio. Perché il desiderio è sempre anche, perlomeno, sessuale; e rompe, come tale, gli schemi, le regole. Se poi si pensa che oggi, contrariamente ai tempi di Freud, l'individuo sta diventando pleonastico anche dal punto di vista riproduttivo…