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19 giugno 2018

«Gabrielle Rubin e il romanzo familiare di Freud. Conversazione con Valter Santilli» di Doriano Fasoli



Valter Santilli è il curatore della edizione italiana del libro Il romanzo familiare di Freud di Gabrielle Rubin, psicoanalista e scrittrice francese. È un bel testo, agile nello stile e originale nei contenuti. Il libro è il frutto di una ricerca dell’autrice – condotta con metodo rigorosamente freudiano – sulle tracce del romanzo familiare di Freud. Questo suo lavoro appare ispirato da una suggestiva frase di Ernest Jones: «Si dovrebbero studiare le conseguenze che su Sigi hanno avuto le complessità della sua famiglia di origine», messa in esergo. È bene ricordare quanto complessa fosse la ‘costellazione familiare’ di Freud: il padre, Jacob, aveva circa venti anni in più di Amalia, la madre di Freud. Jacob Freud era vedovo e aveva avuto due figli da un precedente matrimonio, Emanuel e Philipp, questi vivevano con lui e avevano all’incirca la stessa età della loro giovane matrigna. Emanuel inoltre era già sposato e aveva un figlio, John, di un anno maggiore di Sigmund: Freud dunque appena nato era già lo zio di un nipote che era più grande di lui di un anno.

Doriano Fasoli: Chiedo al curatore della edizione italiana del libro come e quando è nata l’iniziativa editoriale di pubblicare in italiano questo testo, poco conosciuto, che ha come suo audace obiettivo quello di riscrivere una parte della vita di Freud e di ridefinire alcuni significati delle sue opere attraverso il filtro del romanzo familiare.

Valter Santilli: Nella presentazione del libro ripercorro per sommi capi le tappe che mi hanno portato ad avvertire la necessità di tradurre e pubblicare in italiano questo libro. Trovai e acquistai questo libro di Gabrielle Rubin in una piccola e ben fornita libreria di Montpellier, nel 2006. Rimasi superficialmente colpito dal titolo, per la sua vaga suggestione letteraria, più che dalla scarna immagine di copertina… Una volta tornato a Roma riposi il libro su uno scaffale della mia libreria, di non facile accesso, e lì è rimasto per qualche anno…

E quindi quando e perché iniziasti a leggerlo?

Iniziai a leggerlo quando mi avvicinai, personalmente e professionalmente, alla psicoanalisi e quando il mio interesse per le opere di Freud andò oltre il mero interesse culturale. Quando lessi per la prima volta il libro della Rubin, Le roman familial de Freud rimasi colpito dall’audacia con cui ella si avventura nel ripercorrere, con metodo rigorosamente freudiano, alcune tappe cruciali della vita di Freud, le tappe che, secondo l’autrice, furono poi determinanti per le successive scoperte geniali del padre della psicoanalisi. Rubin in questo suo libro ne rimette in gioco i significati.

Sei dunque rimasto colpito dai questi dati biografici che nel libro vengono rimessi in gioco?

Ti dirò che alla prima lettura del Romanzo familiare di Freud avvertii una certa fastidiosa irritazione pur apprezzandone l’originalità. La mia prima imbarazzata sensazione era che l’autrice volesse mettere Freud ‘sul lettino’ e volesse così riattivare il geniale lavoro ‘autoanalitico’ che Freud aveva compiuto, a suo tempo, con grande audacia e con grande coraggio.