Ulisse. James Joyce. Già pronunciare i due nomi mette paura!
Ma poi diventa motivo di orgoglio. Un'opera letteraria cosí importante, cosí
complessa… Complessa, sí: difficile da seguire forse non proprio. Difficile
piuttosto da ultimarne la lettura. Ma a lettura finita... Non si ricomincia da
capo: ciò che conclude illumina l'inizio, ci dice che Stephen Dedalus, giunto a
pochi passi da Molly proprio a casa sua in Eccles Street, rinuncia ad
incontrarla. Mentre forse era tutto lí quel che cercava: la poesia, il senso
della vita, l'ombelico del mondo, il tempio d'Apollo a Delfi.
Strana poesia però, cosí sensuale, cosí carnale che, trattandosi di Molly,
«[y]our head it simply swirls», «la testa te la fa proprio girar» (U 4.438), direbbe Bloom. Sí, ti fa
proprio girar la testa: piú dionisiaca che apollinea, non fosse per quella casa
che la ospita, punto fermo del lungo inconcludente andare a zonzo di Leopold. O
forse non è cosí, sono solo impressioni che vengono a galla a me lettore, come
nell'inizio di «Sirene»: frasi smozzicate, zampilli della memoria, rigurgiti
della frase. I «frammenti […] puntellati contro le mie rovine» di T. S. Eliot,
le «inutili macerie del tuo abisso» montaliane, le «cascatelle trattenute da un
dito» di Zanzotto.
Che poi non è la stessa cosa. Parlare di correlativi oggettivi è
troppo facile. È una nozione estetica, non una poetica e ancor meno un
linguaggio. Se Montale lavora sull'esperienza individuale, Zanzotto fa giochi
con gli oggetti, evocando scenari impraticabili ma suggestivi. Ed Eliot? Lui
lavora con le voci, gli stili, le brusche interruzioni: almeno ne La terra
desolata (1922). Testimonia di un soggetto frantumato: né soggetto
sconsolato, né oggetto pervasivo.
Voci, stili, brusche interruzioni… sembra di essere nell'Ulisse. Ma
l'Ulisse ha un sostrato comune, una storia che fa da sfondo, un filo
continuo che porta da un luogo a un altro i personaggi. Di interruzioni ce ne
son molte, ma i personaggi non si sognano di apparire dal nulla, di essere in
due posti diversi allo stesso momento, di saltellare in avventure di tre
secoli, salve le stramberie di «Circe», che sono tutto un altro paio di
maniche. I personaggi stanno buoni buoni al posto loro: chi nella Torre, chi
nell'Ormond Bar, chi a portare a spasso i bambini sulla spiaggia. La giornata è
solo una, il 16 giugno 1904. Il luogo è Dublino e non un altro. Terra
desolata? No, qui c'è un romanzo bell'e buono, fatto di fabula ed intreccio
classici.
Quello che colpisce qualsiasi lettore di Ulisse sono tre caratteristiche:
il velo d'oscurità che avvolge le situazioni, l'erudizione dell'autore e il cambiamento
di stile in cui sono scritti gli episodi. Se c'è qualcosa che rende familiare
un testo, nel prosieguo di una lettura lunga come l'Ulisse, è la chiave
interpretativa. Incontrato uno stile, per quanto arduo sia, la buona volontà di
chi legge può pacificarsi almeno in questo: di questo libro apprezzo il suono o
le immagini o qualche idea sul mondo. Paul Valéry avrebbe seguito la serie: se
il testo suona bene allora le immagini, se queste funzionano cerchiamone un
senso.