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9 febbraio 2019

«A proposito di “Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami» di Nicola d’Ugo



Kafka sulla spiaggia è il decimo romanzo dello scrittore giapponese Haruki Murakami. È stato pubblicato la prima volta in Giappone nel 2002. Il romanzo ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il World Fantasy Award. La storia è ambientata in Giappone. Se si volesse attribuirle una datazione, essa coinciderebbe, rispetto agli eventi principali, al maggio-giugno 1999, non fosse che il confronto delle età dei personaggi e delle date degli eventi risulta, comunque le si prenda, inconsistente. Questo serve a conferire un carattere onirico e mitico alla vicenda quale proiezione immaginifica e involontaria del suo protagonista.

Protagonista della storia è un quindicenne che scappa di casa il giorno del suo compleanno per sfuggire ad una nefasta predizione/maledizione scagliatagli dal padre, secondo la quale il giovane lo avrebbe ucciso per congiungersi con la madre e la sorella. Durante la fuga il ragazzo dice di chiamarsi Kafka Tamura, sia perché gli piace lo scrittore Franz Kafka, sia perché Kafka in ceco (kavka) è un tipo di corvo.

Kafka Tamura è un solitario, che non ha superato il trauma d’essere stato abbandonato dalla madre (di cui non conosce il nome) quando aveva quattro anni, la quale si è invece portata con sé la figlia adottiva che ne aveva dieci, lasciandolo col padre, un famosissimo artista visivo col quale il ragazzo non ha praticamente più rapporti se non il fatto di vivere nelle stesse mura domestiche e d’esser da lui mantenuto economicamente. Kafka è senza amici e non ride mai, ma immagina di parlare col suo Super-Io, che viene indicato dall'espressione «il ragazzo chiamato Corvo».

Lasciato il suo quartiere di Tokyo, Kafka va a vivere nel sud del Giappone, a Takamatsu, dove conosce la parrucchiera Sakura, il bibliotecario Ōshima e la signora Saeki, direttrice di una piccola prestigiosa biblioteca privata. Tra fantasia, sogno e realtà, ha rapporti sessuali con Sakura e Saeki, che immagina essere rispettivamente la sorella e la madre. Quest’ultima ha una storia dolorosissima alle spalle, che viene alla luce poco a poco, nutrendo l’immaginario di Kafka.

Nonostante Saeki sia un personaggio di profonda personalità, di eccezionale bellezza e dalla vita tormentata, essa rimane purtroppo una figura votiva ed apollinea superficialmente abbozzata, come il ritratto d’una Madonna o d’una Venere raffigurata da un pittore di media grandezza, piena di movenze e tratteggi ripetitivi e stereotipati. Saeki è l’oggetto d’amore di Kafka ed accentra su di sé gran parte della storia. Non aver meglio sviluppato questo stupendo personaggio degno di ben altra raffigurazione credo costituisca la nota più dolente di Kafka sulla spiaggia.

2 luglio 2018

«Kenzaburō Ōe, “Un'esperienza personale”» di Nicola d'Ugo


Ōe con la moglie Yukari Ikeuchi e il figlio Hikari.

Un'esperienza personale è un romanzo dello scrittore giapponese Kenzaburō Ōe, Premio Nobel per la letteratura nel 1994. Breve e intensa, la narrazione, edita a Tōkyō nel 1964, prende spunto dalla congenita anomalia cerebrale del figlio di Ōe. Particolarmente interessante in questo romanzo è il complesso di Laio che muove l'azione del giovane padre protagonista della storia, in lotta per eliminare subdolamente il figlio lasciandolo scivolare nei meccanismi burocratici delle istituzioni ospedaliere nipponiche.

Il nocciolo fondamentale dell'«esperienza» (narrata in terza persona) è il tentativo del protagonista Tori-bird di rifiutare il proprio passaggio alla maturità, che gli farebbe venir meno certe comodità ovattate dell'eterna giovinezza di giapponese sposato con una donna di buona famiglia. Se non fosse che la vita è più complicata delle aspettative e la nascita di un figlio «bicefalo» e «mostruoso» gli fornisce l'alibi per metter da canto le proprie responsabilità e profittarne per far della sventura del figlio una tragedia in sordina che ricada sul neonato incosciente dell'universo sociale in cui ha visto la luce. E già solo per questo Ōe dimostra una presa demoniaca e geniale che egli saprà sciogliere, da suo pari, in un atto di umanità dell'espressione artistica e filosofica.

Ricordo qui, per inciso, oltre all'Edipo re di Sofocle, il mito della nascita di Mosè, abbandonato alle acque del Nilo, e quello dei fondatori di Roma, i quali costituiscono alcuni antecedenti classici di questo romanzo, seppure essi siano ribaltanti nella prospettiva, poiché lì ne sono protagonisti i figli. Meno discrepante è il fatto che nei testi classici i protagonisti siano dei nobili, a fronte del fatto che in Giappone, non meno che in Italia, il nocciolo duro dei poteri forti si stanzia in contesti locali, anche familiari, piuttosto che in una centralità soverchiante dello Stato.

Sempre per inciso, si noti che il nome del protagonista Tori-bird, anch'esso frutto di una dicotomia 'bicefala', costituisce la ripetizione della parola «uccello» in giapponese e in inglese, come se non fosse possibile denominare l'identità di Tori e Bird se non per due concetti accostabili, ma non coniugabili in un'unità ferma: Ōe scinde in due il carattere del giovane in una matrice nipponica autoctona e in un'aspirazione a prendere il volo per l'Occidente abbandonando le proprie radici e le proprie responsabilità. Al contempo, siccome la traduzione dal giapponese in inglese avrebbe potuto suonare anche Tori-bard, Ōe disgiunge la metafora dell'uccello migratore, che cerca di sfuggire al proprio destino, da quella del poeta cantore, del «bardo» del luogo, della società nipponica, insomma, in cui vive.

Con questo voglio sottolineare che l'ambientazione affatto realistica (e talvolta straordinariamente visionaria e carnale) in cui si dipana la vicenda è arricchita di riferimenti più o meno espliciti ai miti e alle cronache internazionali; al contempo, il linguaggio di Ōe dà luogo ad un sincretismo semantico di non immediata presa, su cui è più facile riflettere a lettura ultimata, in ragione di una poetica attenta al linguaggio e proclive alla messa in crisi delle convenzioni linguistiche, non in quanto puro gioco istrionico del romanziere, ma perché nel linguaggio sono riposti i concetti e il nostro modo di interpretare sensazioni e sentimenti che ad essi rimandano. Notevole è il ricorso, nei romanzi di Ōe, a stili sostanzialmente diversi a seconda della materia trattata.

13 aprile 2013

“New Novel by Haruki Murakami Released in Japan” by Nicola D'Ugo













OK. I'm reading Norwegian Wood, the novel that launched Murakami in Japan in 1987. He wrote it mostly in Rome, in the year in which I, a Roman, attended a college in NJ, reading Dylan Thomas, Eugenio Montale, W. H. Auden, John Updike, and E. E. Cummings mostly. There was no Nobel Prize in Literature from Japan at the time, and for a young writer from Europe that undoubtedly mattered. I didn't know, like many of us, that a Japanese novelist with that name even existed. I got to know his work recently, a couple of years back, and had to stick his first name in front of his last (unlike the Japanese practice, which is the other way round), since I already knew the works of two more Murakamis, the novelist and film director Ryū and the visual artist Takashi. I also knew of a porn star with that name, Risa, but I didn't know much about Haruki, except by hearsay, and, as I said, superficially and recently. My brother had read one of his novels, Dance Dance Dance, we talked about it, and I finally decided to read another: 1Q84. Haruki is the most popular Murakami abroad today, although the other two are certainly very important figures in international culture.

Yesterday Haruki Murakami's thirteenth novel was released in Japan. He is a cult figure there too, not one of those prophets who are honoured everywhere except in their home country. The youth audience loves him there, but here in Italy he is read more by adults. His success is based on an appeal to one age groups in Japan and another in the West.

Not every novel by the same novelist meets our expectations. I'm finding Norwegian Wood a bore so far—it's very well written, with a lot of realistic details and Murakami's dependable ability to represent self-consciousness but it doesn’t have the electric charge I found in 1Q84 (his last novel), Kafka on the Shore, and The Wind-Up Bird Chronicle (even the less ambitious Sputnik Sweetheart has more excitement than the first 160 pages of Norwegian Wood I have read). I'm reading all of his novels, since Murakami is a unique master of storytelling, an author who can guarantee a future for the novel after so many decades in which many of us, myself included, expected the genre to come to an end.

11 marzo 2013

«Critica e ricerca su Haruki Murakami online: poco sostegno» di Nicola D'Ugo


Nakata mostra ai gatti Kawamura e Mimì
una foto di Goma. Illustrazione di Lisa Ito.









Quando scrivo su Haruki Murakami mi rendo conto dello scarso contributo degli studiosi della cultura giapponese su internet. Non so se questo valga anche con le riviste. Ne ho collezionate tante nella vita, ma non essendo come i libri fatti bene, le ho regalate alle biblioteche o buttate nel cassonetto della spazzatura. Una volta facevano pamphlet più o meno clandestini che circolavano a iosa per esprimere le proprie idee. Poi venne la stampa liberale. Ora c’è internet, i blog, i social network, e fuori da questo ambito ogni intervento è marginale. L’affidabilità dei notiziari, e anche la loro rapidità informativa, vien meno.

La critica che oggi non circoli su internet ha la pretesa di diventare un classico, di accedere alla Biblioteca di Alessandria d’Egitto, che, secondo quest’ottica, dovrebbe amorevolmente darle una carezzina sul capo o sulla costa e catalogarla nella sua cuccetta dorata. Intanto a Palo Alto conservano tutto quel che si scrive su internet, questa mia esternazione inclusa, e la mandano in digitale alla Library of Congress di Washington.

Qualche mese fa mi sono occupato, senza aver conoscenze del giapponese, della parola ‘goma’ in Murakami, fondamentale in un suo romanzo, ma su cui nessuno, quantomeno in italiano e in inglese, ha scritto nulla. Nel senso che voleva dire semplicemente ‘sesamo’ e che salvare una gattina di nome Sesamo, ed accarezzare una pietra come una gattina (ma anche come la lampada di Aladino) bisbigliandole una parola magica, era un modo per aprire una porta d’accesso che salvasse il protagonista. Ora, i traduttori di Kafka sulla spiaggia in inglese e in italiano il nome della gattina non l’hanno tradotto ed è rimasto Goma anziché, rispettivamente, Sesame e Sesamo.

Certo, si capisce che ai traduttori il nome Goma per una gattina può suonar bene, magari è frequente pei gatti nipponici, i traduttori hanno una gran fretta, l’editore vuole la traduzione, e, col fiato sul collo, loro non hanno capito il riferimento dell’autore ad Alì Babà, e alla fin fine devono consegnare il lavoro e buona notte al secchio piuttosto che alla lampada. E si capisce pure che quei traduttori non intervengano a rettificare il loro errore, dovendo scaricar poi le colpe sulla fretta che gli ha imposto l’editore. L’affidabilità loro, per questi e altri motivi, è dubbia.

Però poi ritoccherà fare la traduzione sulla base di quel che scriviamo e diciamo io e altri analizzando il romanzo, perché l’ingenuità, in questo e in altri ambiti, ha le gambe più o meno corte. Uno dei pochi interventi interessanti sul romanzo di Murakami che abbia letto è di John Updike; per il resto si tratta solo di interviste preziose a Murakami stesso, o di qualche suo saggio esplicativo. Insomma, la comunità critica – abituata qual è ad usare le mani in luogo delle nuove forchette come i romani antichi nell’imbandita tavola – continua a scrivere su riviste storicamente importanti, ma che oggi non hanno alcuna importanza se non per far carriera, ossia far punti per metterli nel curriculum o per presentarli, come avviene da noi, in un concorso pubblico.

20 gennaio 2013

«Risa Wataya, 'Install'» di Nicola D'Ugo






 Install
 Risa Wataya
 Einaudi
 Torino 2006
 Traduzione di Antonietta Pastore
 EUR 8,50
 128 pp.
 ISBN: 88-06-17985-3






Sono incappato in Risa Wataya leggendo 1Q84 di Murakami, per certi tratti comuni con uno dei suoi personaggi: Wataya, come la Fukaeri di Murakami, è una scrittrice che ha vinto a diciassette anni un importante premio della narrativa per esordienti indetto da una rivista letteraria giapponese. Il romanzo di Haruki Murakami è del 2009-2010; Wataya vinse il premio della rivista Bungei con Install nel 2001. Due anni dopo, questa giovane scrittrice ha vinto anche il prestigiosissimo Premio Akutagawa (di cui si parla in lungo e in largo in 1Q84) con la sua seconda opera narrativa, Solo con gli occhi, anch'essa una novella. Questo secondo premio ha fatto di Wataya l'autore più giovane ad averlo vinto. Risa Wataya è anche nata nel 1984, una curiosa coincidenza con l'ambientazione di 1Q84. Murakami non è uno scrittore allegorico, ma, per sua stessa dichiarazione, «metaforico»: procede cioè per somiglianze, tratti sincretici, punti di contatto interni ed esterni alle sue narrazioni. Sarebbe ardito e fuorviante pensare che il personaggio di Fukaeri sia una raffigurazione di Wataya, nonostante, per gioco, quest'ultima appaia come Fukaeri nell'opuscolo che l'editore giapponese di Murakami ha dedicato a 1Q84.

Install è una narrazione che non può accampare grandi pretese nell'ambito letterario maggiore. È scritta però bene, attraverso una serie di espedienti narratologici maturi, ma che in parte finiscono col ritrovarsi lì nelle pagine per accumulazione retorica piuttosto che per innovazione espressiva. Per un autore di diciassette anni è senz'altro un buon racconto, è chiaro. La trama si incentra sulla protagonista, anch'essa diciassettenne, che marina la scuola a tempo indeterminato e incontra nel palazzo un bambino che le propone di fingersi una prostituta oberata da lavoro e attività domestiche, e fare della chat erotica in vece della signora, alternandosi con lui a scopo di lucro.

Wataya offre un quadro della visione adolescenziale e una serie di topoi giapponesi interessanti, in via propedeutica, per noi occidentali. Il suo linguaggio è asciutto e anche sboccato, ricco di ironia, dettagli ambientali e situazioni buffe. Ma non va oltre questi elementi, pur pregevoli, a mio modo di vedere. Riguardo al romanzo di Murakami che mi ha spinto a leggere questo libricino, Install non offre un contributo significativo per intendere il carattere complessivo di 1Q84, ma solo alcune questioni relative agli scrittori giapponesi di nuova generazione.

Nicola d'Ugo



[ puoi scaricare e leggere gratuitamente l'intero numero del giornale da cui è tratto l'articolo cliccando -> pagina contenente il PDF ]

[pubblicato in: Notizie in... Controluce, n. XXII/1, gennaio 2013, p. 22)






26 febbraio 2012

«Far male critica: un esempio» di Nicola D'Ugo



I tre libri della prima edizione
di 1Q84 usciti in Giappone
tra nel 2009-2010
L'esempio di un pessimo modo di far critica. Si tratta della recensione di Franco Cordelli al romanzo 1Q84 di Haruki Murakami, pubblicata nel dicembre scorso su La Lettura del Corriere della Sera e reperibile sul sito web Il club de La Lettura – sul quale l’ho letta – col titolo «L'amore immaginario di Murakami/1».

Errori di concetto fanno pensare che Cordelli abbia letto di fretta il romanzo (nel migliore dei casi), senza poi verificare quel che ha scritto. Per esempio, Aomame, la protagonista femminile del romanzo di Murakami, non è una «vendicatrice solitaria», come deve aver creduto Cordelli, ma la sicaria d’una facoltosa mandante, né la «sua missione è uccidere gli stupratori di bambine»: quella è semmai l'ultima missione della parte del romanzo pubblicata da Einaudi (il terzo e conclusivo libro è inedito in Italia). Aomame è l’esecutrice materiale dell’assassinio di alcuni uomini che compiono sistematiche violenze domestiche nei confronti delle donne, soprattutto delle mogli: nei casi estremi in cui la mandante, anch’essa donna, non abbia trovato vie giudiziarie o d’altro genere per far cessare le violenze, essa commissiona ad Aomame i delitti. Non rivelo al lettore perché la protagonista sia diventata un'assassina seriale: Murakami lo spiega a più riprese.