16 dicembre 2015

«La pelle mistica. Conversazione con Luciano Venticinque» di Doriano Fasoli

Luciano Venticinque è nato ad Acireale. Medico chirurgo, si è specializzato in Dermatologia nel 1995 e in Psicoterapia cognitivo-comportamentale ad orientamento costruttivista nel 2008. Per sette anni è stato medico interno all'ospedale Vittorio Emanuele di Catania e dal 2007 al 2010 titolare dell'ambulatorio di dermatologia presso lo stabilimento termale Santa Venera di Acireale. È membro della Società Italiana di Dermatologia Psicosomatica. Da sempre studioso della materia, ha pubblicato alcuni articoli di dermatologia psicosomatica su Formazione Psichiatrica, rivista trimestrale della clinica psichiatrica dell'Università di Catania. Esercita attualmente la libera professione nella sua città natale. Il suo copioso studio La pelle mistica è uscito in questi giorni per i tipi Alpes.

Doriano Fasoli: Quando ha deciso di scrivere La pelle mistica e cosa lo ha ispirato, dottor Venticinque?

Luciano Venticinque: L’idea di scrivere un libro sulle stimmate mi è venuta seguendo un programma tv su Padre Pio che nemmeno conoscevo. Il fatto che le stimmate del frate scomparvero senza esiti cicatriziali fu per la mia mentalità dermatologica una sorpresa ed una meraviglia, così ebbi la curiosità di approfondire l'argomento. Il testo si è sviluppato nel tempo quasi da solo; i vari capitoli venivano a me nell'ispirazione, quasi non li cercavo.

Di cosa si occupa la psicodermatologia?

È una branca della dermatologia che tratta delle relazioni psiche/cute. Ci sono disagi esistenziali e conflitti psichici, oltre che dinamiche relazionali problematiche, che, sulla base di particolari strutture mentali della persona, possono avere ripercussioni sulla pelle che si manifestano in forma di lesioni ben precise. La psoriasi ne è un esempio classico, i cui aspetti conflittuali psichici sono conosciuti da tempo. E possiamo aggiungere l'acne, l'eczema, la vitiligine, l'orticaria, ecc.

A chi si rivolge il saggio La pelle mistica?

Il saggio è fruibile da tutti: dal lettore curioso al dermatologo, al teologo, allo psicologo, a chi si occupa di professioni d'aiuto. A chi vuole comprendere meglio la propria malattia della pelle. Infatti, la lettura della sezione clinica potrebbe indurre nel lettore fenomeni di identificazione di eventi comportamentali ed emotivi che lo possono condurre a prese di consapevolezza personale, o semplicemente al desiderio di maggiore comprensione della propria storia di sviluppo e, chissà, magari intraprendere una psicoterapia.

A suo parere, dottor Venticinque, quali potrebbero essere le attuali novità nel campo della psicodermatologia?

Questa disciplina ha ottenuto un grande slancio dal recente sviluppo della psico-neuro-endocrino-immunologia (Pnei), la quale ha evidenziato i rapporti che intercorrono tra psiche, sistema nervoso, endocrino ed immunologico all'interno dei quali, come in un sistema circolare e a rete, si creano azioni e contro-azioni con continue influenze e comunicazioni da un sistema all'altro. Si applica a tutto ciò il moderno paradigma della complessità. A questo si aggiungono le conquiste delle neuroscienze e, per ultimo, ma di grande importanza, le scoperte sulle caratteristiche del rapporto diadico madre-figlio apportate dalla teoria dell'attaccamento di Bowlby, psicoanalista britannico (1907-1990). Egli si occupò dello sviluppo cognitivo ed emotivo del neonato all'interno delle complesse relazioni con le figure di accudimento. Una delle fondamentali acquisizioni, importante per la psicodermatologia, è l'aver dato il giusto significato alla natura ed alla qualità dei «contatti» intercorrenti tra madre e bambino. La malattia della pelle pertanto può trovare le sue radici in un impoverimento affettivo ed uno scarso contatto pelle-pelle. Semplicemente potremmo parlare di fame di carezze, ma le dinamiche sono molto più complesse. Un sano accudimento materno pertanto può porre le basi per il futuro equilibrio psichico e la salute in genere. Il mio contributo clinico è l'aver applicato la psicoterapia cognitiva, che si è sviluppata da queste basi concettuali, nel paziente dermatologico. In psicodermatologia, infatti, ha fatto sempre da padrona la psicanalisi freudiana.

1 dicembre 2015

«Come le pietre e gli alberi. Conversazione con Domenico Chianese» di Doriano Fasoli

Domenico Chianese è psicoanalista con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana, di cui è stato Presidente dal 2001 al 2005. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. È autore di Costruzioni e campo analitico (Borla, 1997), tradotto in spagnolo (Lumen, 2004) e in inglese (Routledge, 2007), e di Un lungo sogno (Angeli, 2006). È coautore con Andreina Fontana di Immaginando (Angeli, 2010), tradotto in francese (Itaque, 2015), e ha curato con Andreina Fontana il libro a più voci Per un sapere dei sensi (Alpes, 2012). Il suo ultimo libro, uscito lo scorso luglio, è intitolato Come le pietre e gli alberi ed è edito da Alpes.

Doriano Fasoli: Dottor Chianese, cosa evoca il titolo del tuo ultimo lavoro Come le pietre e gli alberi?

Domenico Chianese: Il titolo Come le pietre e gli alberi è tratto da una poesia di Borges, «Semplicità» (1923), che mi è particolarmente cara e che mi ha fatto compagnia in vari momenti della vita e che si conclude con i seguenti versi:

Non ammirazioni né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una Realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

Come si configura?

Il titolo indica il contenuto ed il percorso del libro. Il senso della vita ci è dato non solo dalle persone, ma anche dalle cose che ci circondano: pietre, alberi, fiumi, case, oggetti; si nasce nel mondo e si diviene con il mondo. Passando alla psicoanalisi, partendo da tali premesse, sono giunto alla consapevolezza che il campo analitico che si instaura tra analista e analizzando è attraversato dalla dimensione estetica che è patrimonio di ogni uomo e si fonda su dinamiche percettive (aisthesis) che costituiscono l’esperienza del mondo e sono in relazione con i processi primari del vivere, con le pulsioni di vita. Da questa prospettiva l’estetica è anche un’etica che promuove in analisi la cura di sé e degli altri tracciando la strada del nostro vivere. La psicoanalisi riesce così a coniugare eros e logos, poesia e ragione, musica e pensiero, avviando un salto antropologico che comporta il superamento di quel nichilismo e di quella barriera tra scienza e arte che ha caratterizzato una parte della cultura del Novecento.

«Ogni nuova realtà estetica ridefinisce la realtà etica dell’uomo. Giacché l’estetica è la madre dell’etica. Le categorie di "buono" e "cattivo" sono, in primo luogo e soprattutto, categorie estetiche che precedono le categorie del "bene" e del "male". In etica "non tutto è permesso" proprio perché "non tutto è permesso" in estetica, perché il numero dei colori nello spettro solare è limitato. Il bambinello che piange e respinge la persona estranea che, al contrario, cerca di accarezzarlo, agisce istintivamente e compie una scelta estetica, non morale». Sei d’accordo con questa riflessione del poeta Iosif Brodskij?

Da quanto ho detto prima, comprenderai perché ho utilizzato parte del discorso di Brodskij che egli tenne nell’occasione dell’assegnazione del Nobel per la letteratura nel 1987. Un breve capitolo del libro ha per titolo la nota frase di Brodskij: «L’estetica è la madre dell’etica». Per il grande scrittore russo, l’estetica è «un mezzo di difesa contro l’asservimento», quanto più ricca è l’esperienza estetica di un uomo, «tanto più netta sarà la sua scelta morale e tanto più libero sarà lui stesso». Secondo Brodskij, il senso estetico si sviluppa precocemente nel bambino. Io condivido profondamente tale opinione. Nella prima parte del mio libro parlo estesamente di alcune recenti ricerche in campo antropologico che attestano il sorgere dell’estetica in stadi molto precoci dello sviluppo umano. Alcuni antropologi ci descrivono un mondo prima dell’«umanità», popolato da ominidi che, seppure sprovvisti di quei caratteri da sempre associati all’essenza dell’uomo (linguaggio, codici culturali, arte, religione), possedevano una sensibilità estetica ereditata, secondo Darwin, dalla loro genealogia evolutiva. L’estetico si trova in un rapporto di co-evoluzione con l’acquisizione della dimensione simbolica; e, a loro volta, la competenza simbolica (che nasce dal grembo fertile dell’estetico) e l’architettura cerebrale sono anche esse connesse in una relazione co-evolutiva. In sintesi, l’estetico è stato ed è un elemento non secondario nella costruzione dell’uomo, sia dal punto di vista filogenetico che ontogenetico. Sia filogeneticamente che ontogeneticamente l’estetico sorge dall’interazione precoce, nei giochi di finzione, tra la madre e l’infante. Tutto ciò conferma la tesi di Brodskij che l’estetico nasce nel bambino in fasi precoci della crescita.