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24 luglio 2022

«“Rivelazioni dell’incompiuto. Leonardo da Vinci” di André Green. Conversazione con Valter Santilli» di Doriano Fasoli



Medico e psicoterapeuta, Valter Santilli è docente presso la Scuola di Ipnosi e Psicoterapia Ericksoniana (S.I.I.P.E./Roma). Ha curato con Camillo Loriedo la pubblicazione del volume La relazione terapeutica (Franco Angeli, 2000). Le sue più recenti pubblicazioni sono: Il terapeuta in gioco. Tra arte, letteratura e psicoterapia(Carabba, 2013); con Antonello Carusi, Laing R.D., L’ombra del maestro (Alpes, 2015). Ha curato l’edizione italiana del libro di Gabrielle Rubin Il romanzo familiare di Freud (Alpes, 2018). Scrive periodicamente su questo blog, sul quale ha pubblicato «Le complesse oscurità dell’Edipo Re», un commento alla rappresentazione teatrale di Robert Wilson, 2018, e due brevi saggi su Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci di Sigmund Freud (Parte 1, 2019; Parte 2, 2020). 

 

Doriano FasoliÈ stata pubblicata dall’editore Alpes, nel maggio 2022, la traduzione italiana del libro di André Green Rivelazioni dell’incompiuto. Leonardo da Vinci. Chiedo al curatore dell’edizione italiana, Valter Santilli, non solo di introdurci ai temi principali del libro, ma anche di parlarci della genesi di questo progetto editoriale.

 

Valter SantilliGrazie Doriano, rispondo volentieri alle tue sollecitazioni. Il libro di André Green Révélations de l’inachèvement. Léonard de Vinci era uno dei pochi libri del famoso psicoanalista francese non ancora pubblicati in italiano. La pubblicazione italiana arriva nel decennale della scomparsa di Green e vuole essere anche un omaggio a questo grande psicoanalista, autore prolifico di saggi che hanno esplorato non solo nuovi territori della ‘cura’ ma anche nuove aree del ‘sapere interdisciplinare’.

 

Il progetto di traduzione di questo libro, bello e misconosciuto, nasce grazie alla virtuosa sintonia che nel 2020 si è creata con Lorena Preta, che ha scritto una intensa e densa prefazione a questa edizione italiana del libro, e con Andrea Baldassarro, che stava progettando una nuova collana editoriale, chiamata «Sconfinamenti». Venni a saper di questo libro quando lessi il contributo di Lorena Preta nel libro curato da Baldassarro La passione del negativo,omaggio al pensiero di André Green, pubblicato da Franco Angeli nel 2018. Mi incuriosirono molto le citazioni di Lorena Preta da questo testo di Green. Con qualche difficoltà riuscii poi ad averne una copia e quando lo lessi mi catturò talmente che proposi sia a Baldassarro che a Preta la pubblicazione in italiano. 

22 maggio 2020

«Su “Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci” di Sigmund Freud (Parte 2)» di Valter Santilli


Leonardo da Vinci, Cartone di sant'Anna, 1499-1500,
gessetto nero, biacca e sfumino su carta, Londra, National Gallery




L’errore di Leonardo: «Mercoledì a ore 7 morì ser Piero da Vinci […]. Mercoledì vicino alle 7 ore».


Nel quinto capitolo del saggio su Leonardo, Freud analizza il rapporto che Leonardo, artista e scienziato, ebbe con la figura paterna. Egli riporta pertanto una breve nota scritta su uno dei diari leonardeschi, un’annotazione importante per il contenuto e interessante per la forma tanto da suscitare l’attenzione dello psicoanalista; la piccola nota contiene un «minuscolo errore formale». Leonardo nel mese di luglio del 1504 annota giorno, mese, anno e ora della morte di suo padre, Ser Piero da Vinci, di anni 80; egli annota inoltre il numero dei figli che l’anziano padre lasciava «10 figlioli maschi e 2 femmine».

«Il piccolo errore formale consiste nel fatto che l’indicazione di tempo “a ore 7” viene ripetuta due volte». Freud in prima battuta commenta il «minuscolo errore» di Leonardo come fosse stata la comprensibile distrazione di un figlio mentre appuntava l’ora della morte del padre, ma subito non trattiene l’interpretazione psicoanalitica e addebita l’errore alla inibizione affettiva di Leonardo nei confronti di suo padre. Liberato da questa inibizione, scrive Freud, Leonardo avrebbe voluto o potuto scrivere: «Oggi alle ore 7 è morto mio padre, Ser Piero da Vinci, povero padre mio!».

È certo che il padre di Leonardo ebbe «un ruolo importante nella sua evoluzione psicosessuale». Freud delinea sinteticamente un bel ritratto di Ser Piero da Vinci: «fu uomo di grande forza vitale che raggiunse stima ed agiatezza». Sottolinea con enfasi gli aspetti socialmente volitivi e umanamente virili di questo «notaio discendente di notai»:

Si sposò quattro volte, le prime due mogli gli morirono senza figlioli e solo dalla terza ebbe nel 1476 il primo figlio legittimo, quando Leonardo aveva già ventiquattr’anni […]; con la quarta e ultima moglie, che sposò già cinquantenne, generò altri nove figli e due figlie.

Curioso destino familiare quello di Leonardo: fino all’età di ventiquattro anni egli fu l’unico figlio, ma illegittimo, di un agiato notaio fiorentino. La condizione di illegittimità negli ambienti urbani borghesi era allora causa di svantaggi sociali: ad esempio un figlio illegittimo non avrebbe mai potuto accedere agli studi umanistici ordinari, e Leonardo, nel caso, non sarebbe mai potuto diventare a sua volta notaio, come da tradizione familiare. All’età di 17 anni il padre con acume aveva riconosciuto in lui una inclinazione artistica e lo aveva indirizzato verso lo studio delle arti e delle tecniche. Il giovane Leonardo venne per questo affidato alla bottega di Andrea Verrocchio, una delle più rinomate della città di Firenze. La città era allora governata dal giovane Lorenzo dei Medici detto il Magnifico per la disposizione che aveva verso le arti e per lo sfarzo dei suoi costumi. Firenze stava vivendo un’età d’oro: la città era non solo la culla del Rinascimento delle arti e delle lettere, ma anche il luogo privilegiato dove gli architetti e gli artigiani iniziavano a sperimentare nella loro pratica delle nuove tecniche, le più varie. Il mondo non piangerà certo Leonardo da Vinci ‘mancato notaio’.

29 settembre 2019

«Su “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci” di Sigmund Freud (Parte 1)» di Valter Santilli



Francesco Melzi (1493-1570), Ritratto di Leonardo da Vinci, gesso rosso, Royal Collection Trust 


Tempo fa lessi un libro di Thomas H. Ogden, Il leggere creativo. Sul retro di copertina della edizione italiana è scritto che nel volume sono stati raccolti i lavori che l’autorevole psicoanalista americano «ha dedicato all’esperienza del leggere creativamente». 

Il libro è composto da una raccolta di saggi su «fondamentali lavori» di autori psicoanalitici di grande rilievo e tra essi è compreso, naturalmente, un lavoro fondamentale di Freud, «Lutto e melanconia». 

Lo stile dello scritto di Ogden sull’esperienza del leggere creativamente è rigoroso, ed in parte richiama lo stile impegnato degli esercizi scolastici di parafrasi di testi letterari fondamentali. Quella di Ogden è un tipo di creativa parafrasi che illumina e arricchisce i testi che sono stati oggetto del suo appassionante studio, così come viene descritto nei dizionari: «Esposizione di un testo […] spesso accompagnata da sviluppi o chiarimenti». 

Nell’introduzione del libro l’autore descrive la sua esperienza di lettura creativa che fa da fondamenta alla sua scrittura creativa: Thomas Ogden leggendo e scrivendo creativamente cerca di rimanere il più possibile fedele agli scritti dell’autore letto. Lo psicoanalista americano chiarisce che ha trattato lo stile di scrittura e il contenuto ideativo dei saggi di ciascun autore come «due qualità di una entità singola», ed esplicita che quel determinato saggio scritto da quell’autore, con lo stile particolare che lo contraddistingue, non si potrebbe scrivere diversamente perché «dire qualcosa diversamente è dire qualcosa di diverso». 

A proposito di bravi scrittori e di buoni lettori un grande scrittore, nonché autorevole critico letterario, Vladimir Nabokov, in Lectures on Literature, pubblicate postume, scrive che «non si legge un libro, un libro lo si può solo rileggere. Un buon lettore, un grande lettore, un lettore attivo e creativo è un rilettore». Per marcare quindi l’esperienza intellettuale del «leggere», Nabokov specifica che «un libro di qualunque genere esso sia – opera narrativa oppure opera scientifica – interessa per prima cosa la mente»

Nella «Introduzione» al saggio di Freud «Lutto e malinconia»Ogden riporta una particolare frase del testo la cui lettura rende «impossibile separare le idee dalla scrittura»

Il commento che egli fa di questa frase particolare è che: «Lo scritto è denso – una grande quantità di pensiero è contenuta nell’atto stesso di scrivere poche parole». Mi pare che la stessa definizione, sebbene molto sintetica, possa applicarsi al testo di Freud su Leonardo da Vinci.