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Angela Bubba, in una foto di Roberto Nistri |
Un pomeriggio in una libreria di Crotone, ore diciotto-diciotto e trenta, entro e dico buonasera ai presenti, non risponde nessuno. Non m'importa. Continuo a camminare e penso che è una bellissima giornata: dolciastra, moderatamente calda, col teatro dei burattini che fa rumore in piazza e i bambini che perdono sangue dai ginocchi perché correndo sono caduti; l'odore dei gelati ovunque, la luce roseoviolacea di tutto, la primavera già estate.
Il posto è fresco e quasi senza suono, oscuro quanto una chiesa.
Mi metto a girovagare fra gli scaffali con nulla in testa a parte un rumore come di frullatore in continuo movimento, una pala grande e invisibile che in qualche modo riesce a farmi sentire in procinto di scomparire, di essere rubata al mondo da una banda di zingari e venduta a degli sconosciuti che dovrebbero cambiarmi l'identità e tutto il resto per sempre. Per sempre. Non potrò più litigare con mia sorella, penso, non potrò più chiedere a mia madre se mi vuole bene e sentirmi tramortita un attimo dopo perché lei mi guarderà incredula e disperata e divertita, non potrò più dire “papà scusa se ogni settimana ti faccio venire qua a Crotone, scusa…”
Mi rigiro un paio di titoli famosi e osceni in mano, strascico i passi, infine mi blocco. Mi soffermo su un libro di Herny Miller intitolato L'incubo ad aria condizionata. C'è molto celeste sulla copertina, e soprattutto c’è bella stampigliata sopra la frase: “i ciechi guidano i ciechi: è il sistema democratico”.
“Perfetto” esclamo ad alta voce.
“Cosa?”
Un uomo basso e brutto alle mie spalle mi ha sentito e cerca spiegazioni.
“Niente”.
Mi allontano.