25 maggio 2015

«Limite è Speranza. Conversazione con la Dott.ssa Rita Corsa» di Doriano Fasoli

Medico chirurgo, specialista in psichiatra, psicoanalista, Rita Corsa è membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association. Già professore a contratto di Clinica psichiatrica all'Università degli Studi di Milano (dal 1996 al 2003) e all'Università di Milano-Bicocca (dal 2004 al 2012). Collaboratrice dell'Osservatorio Nazionale sulla Violenza Domestica, presso l'Università di Verona. Ha diretto servizi psichiatrici pubblici e si è occupata di formazione del personale psicologico e psichiatrico (dal 1987 al 2008). Ha scritto oltre 110 articoli su riviste specialistiche nazionali ed estere, trattando in particolare di storia della psichiatria, di patologia grave in adolescenza, di patologia mentale correlata all’identità di genere e di questioni d’interesse psichiatrico-criminologico. Su questi temi ha scritto inoltre diversi capitoli in volumi collettivi (Cedam, 1999, 2006 e 2013; Utet, 2005; ONVD, 2010, 2012 e 2013). Nel 2004 ha curato il libro Il dolore psicotico nella donna depressa (Pacini, Pisa). Si è occupata di consenso informato in psichiatria e, insieme a medici legali e a giuristi, del diritto a non soffrire in medicina, intervenendo con alcuni saggi in libri e trattati collettanei (Cedam, 2004 e 2005; Utet, 2006 e 2009). In ambito psicoanalitico, s’interessa specialmente di storia della psicoanalisi, del rapporto mente-corpo, del transgenerazionale somatico e della psicoanalisi applicata all’arte. Su questi argomenti ha pubblicato numerosi capitoli in testi collettanei (tra i più recenti: Carocci, 2004; Editoriale Lloyd, 2004; Moretti & Vitali, 2006; Franco Angeli, 2006; Vivarium, 2008; ETS, 2008, 2011, 2012 e 2013; Felici, 2010; Alpes, 2014). Nel 2012 ha redatto la voce «Luciana Nissim» per il Dizionario biografico degli italiani (Treccani). Nel 2011 ha scritto la monografia Se la cura si ammala. La caducità dell’analista (Kolbe, Bergamo). Nel 2012 ha curato, insieme a Gabriela Gabbriellini, il volume Corpo, generazioni e destino (Borla, Roma). Nel 2013 ha scritto il libro Edoardo Weiss a Trieste con Freud. Alle origini della psicoanalisi italiana (Alpes, Roma). È uscito in questi giorni il volume, scritto con Lucia Monterosa, Limite è Speranza. Lo psicoanalista ferito e i suoi orizzonti (Alpes, Roma), da cui prende spunto questa nostra conversazione.
Vive e lavora tra Bergamo e Milano.

Doriano Fasoli: Cosa suggerisce il titolo, Dottoressa Corsa?

Rita Corsa: Il titolo ha avuto una lunga gestazione, perché volevamo rendere in una sola, essenziale immagine il concetto assai composito che fa da fil rouge all’intero volume. L’uomo posto di fronte ai limiti dell’esistere ha bisogno di appellarsi alla potenza consolatrice e riparatrice del sentimento della speranza; ma la stessa speranza origina dall’urgenza penosa del limite. Limite è Speranza vorrebbe quindi descrivere questa fatale dialettica del vivere, che non risparmia neppure lo psicoanalista. Il sottotitolo, infatti, ha la pretesa (forse l’ardire) di mettere l’accento sulle fragilità dell’analista, che a sua volta non è immune da quel «soffio dell’aria» dal «tono di tenebra», declamato da Rilke. Ma il libro intende anche delineare gli inediti orizzonti che si dischiudono al pensiero psicoanalitico, provato dal raffronto con la finitezza del corpo.

Non vorrei però dare l’idea che si tratti di un saggio di tipo speculativo, al confine tra la filosofia e la metapsicologia. È un testo sostanzialmente clinico, esito del lavoro nella stanza d’analisi, che tratta di come la mente si può occupare del corpo malato, cercando di smarcarsi da quell’ideologia psicosomatica che causa un’infelice colpevolizzazione della persona sofferente.

Lucia Monterosa ed io ci siamo chieste che cosa accada nello psicoanalista, nel paziente e nel campo relazionale, quando una seria malattia fisica si insinua nello spazio analitico, saturandolo di realtà. Nel tentativo di rispondere a tali quesiti ci siamo trovate ad attraversare aree ancora umbratili dell’esperienza psicoanalitica, dove il duro scontro con la realtà biologica talvolta pare non ammettere repliche convincenti da parte della psiche. Ci unisce tuttavia la convinzione che l’equipaggiamento psicoanalitico sia idoneo a sostare in questi spazi scomodi del vivere e sia capace di riproporre legame e pensiero all’interno dello scambio analitico: con speranza.

Com’è costruito il libro?

Il libro si compone di due parti, «Lo psicoanalista di fronte al limite» e «La speranza in psicoanalisi». La prima sviluppa le riflessioni presentate in un mio precedente testo, Se la cura si ammala. La caducità dell’analista (2011). È stato proprio l’interesse destato da quel volume nel consesso analitico a spingerci ad approfondirne i contenuti.

La malattia somatica dell’analista è uno sgradevole e vergognoso argomento di confine, che occupa una zona franca fortemente perturbante tra la mente e il soma, tra la realtà e la metafora, tra le scienze del corpo e quelle della psiche.

Nella prima sezione del libro abbiamo esaminato l’aspetto dell’identità dell’analista, messa a repentaglio dall’insulto somatico, che produce diverse ricadute sulle vicissitudini controtransferali: quali la negazione, l’esibizionismo narcisistico, l’invidia e, specialmente, la vergogna controtransferale. Ci siamo ancora soffermate su un altro elemento cruciale, quello della self-disclosure (disvelamento di sé) ad opera dell’analista: l’affezione fisica introduce elementi di realtà dell’analista, che a volte non riescono ad essere celati, facendo vacillare la tradizionale posizione astinente e neutrale. In altre parole, la malattia spesso è manifesta; il paziente vede il corpo sofferente del terapeuta. Ci siamo interrogate sulla collocazione di tanta realtà nel campo terapeutico: quanto va detto al paziente? Come tollerare l’angoscia di morte che in maniera così evidente, oltre che inconscia, si addensa sul legame? Svariati richiami clinici hanno fatto da supporto alle nostre indicazioni tecniche e metapsicologiche.

10 maggio 2015

«Cinque poesie da ‘Il fuoco dello sguardo. Collected Poems’» di John Berger

 

Pages

Word by word I describe
you accept each fact
and ask yourself:
what does he really mean?
Quarto after quarto of sky
salt sky
sky of the placid tear
printed from the other sky
punched with stars.
Pages laid out to dry.
Birds like letters fly away
O let us fly away
circle and settle on the water
near the fort of the illegible.

1972

 

Pagine

Parola per parola io descrivo
tu accetti ogni fatto
e ti chiedi:
che cosa vuole veramente dire?
Un in quarto dopo l’altro di cielo
di cielo sale
di cielo della lacrima placida
impresso dall’altro cielo
trapunto di stelle.
Pagine stese ad asciugare.
Uccelli volano via come lettere
Oh sì voliamo via
volteggiamo e posiamoci sull’acqua
vicino alla fortezza dell’illeggibile.

1972

 

* * *

Story Tellers

Writing
crouched beside death
we are his secretaries
Reading by the candle of life
we complete his ledgers
Where he ends,
my colleagues,
we start, either side of the corpse
And when we cite him
we do so
for we know the story is almost over.

1984

 

Narratori

Scriviamo
accucciati ai piedi della morte
siamo i suoi segretari
Leggiamo al lume della vita
e ne compiliamo i libri mastri di pietra
Dove lei finisce,
colleghi miei,
cominciamo noi, ai lati della salma
E quando la nominiamo
è perché ormai
si sa che la storia è quasi finita.

1984