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1 dicembre 2015

«Come le pietre e gli alberi. Conversazione con Domenico Chianese» di Doriano Fasoli

Domenico Chianese è psicoanalista con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana, di cui è stato Presidente dal 2001 al 2005. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. È autore di Costruzioni e campo analitico (Borla, 1997), tradotto in spagnolo (Lumen, 2004) e in inglese (Routledge, 2007), e di Un lungo sogno (Angeli, 2006). È coautore con Andreina Fontana di Immaginando (Angeli, 2010), tradotto in francese (Itaque, 2015), e ha curato con Andreina Fontana il libro a più voci Per un sapere dei sensi (Alpes, 2012). Il suo ultimo libro, uscito lo scorso luglio, è intitolato Come le pietre e gli alberi ed è edito da Alpes.

Doriano Fasoli: Dottor Chianese, cosa evoca il titolo del tuo ultimo lavoro Come le pietre e gli alberi?

Domenico Chianese: Il titolo Come le pietre e gli alberi è tratto da una poesia di Borges, «Semplicità» (1923), che mi è particolarmente cara e che mi ha fatto compagnia in vari momenti della vita e che si conclude con i seguenti versi:

Non ammirazioni né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una Realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

Come si configura?

Il titolo indica il contenuto ed il percorso del libro. Il senso della vita ci è dato non solo dalle persone, ma anche dalle cose che ci circondano: pietre, alberi, fiumi, case, oggetti; si nasce nel mondo e si diviene con il mondo. Passando alla psicoanalisi, partendo da tali premesse, sono giunto alla consapevolezza che il campo analitico che si instaura tra analista e analizzando è attraversato dalla dimensione estetica che è patrimonio di ogni uomo e si fonda su dinamiche percettive (aisthesis) che costituiscono l’esperienza del mondo e sono in relazione con i processi primari del vivere, con le pulsioni di vita. Da questa prospettiva l’estetica è anche un’etica che promuove in analisi la cura di sé e degli altri tracciando la strada del nostro vivere. La psicoanalisi riesce così a coniugare eros e logos, poesia e ragione, musica e pensiero, avviando un salto antropologico che comporta il superamento di quel nichilismo e di quella barriera tra scienza e arte che ha caratterizzato una parte della cultura del Novecento.

«Ogni nuova realtà estetica ridefinisce la realtà etica dell’uomo. Giacché l’estetica è la madre dell’etica. Le categorie di "buono" e "cattivo" sono, in primo luogo e soprattutto, categorie estetiche che precedono le categorie del "bene" e del "male". In etica "non tutto è permesso" proprio perché "non tutto è permesso" in estetica, perché il numero dei colori nello spettro solare è limitato. Il bambinello che piange e respinge la persona estranea che, al contrario, cerca di accarezzarlo, agisce istintivamente e compie una scelta estetica, non morale». Sei d’accordo con questa riflessione del poeta Iosif Brodskij?

Da quanto ho detto prima, comprenderai perché ho utilizzato parte del discorso di Brodskij che egli tenne nell’occasione dell’assegnazione del Nobel per la letteratura nel 1987. Un breve capitolo del libro ha per titolo la nota frase di Brodskij: «L’estetica è la madre dell’etica». Per il grande scrittore russo, l’estetica è «un mezzo di difesa contro l’asservimento», quanto più ricca è l’esperienza estetica di un uomo, «tanto più netta sarà la sua scelta morale e tanto più libero sarà lui stesso». Secondo Brodskij, il senso estetico si sviluppa precocemente nel bambino. Io condivido profondamente tale opinione. Nella prima parte del mio libro parlo estesamente di alcune recenti ricerche in campo antropologico che attestano il sorgere dell’estetica in stadi molto precoci dello sviluppo umano. Alcuni antropologi ci descrivono un mondo prima dell’«umanità», popolato da ominidi che, seppure sprovvisti di quei caratteri da sempre associati all’essenza dell’uomo (linguaggio, codici culturali, arte, religione), possedevano una sensibilità estetica ereditata, secondo Darwin, dalla loro genealogia evolutiva. L’estetico si trova in un rapporto di co-evoluzione con l’acquisizione della dimensione simbolica; e, a loro volta, la competenza simbolica (che nasce dal grembo fertile dell’estetico) e l’architettura cerebrale sono anche esse connesse in una relazione co-evolutiva. In sintesi, l’estetico è stato ed è un elemento non secondario nella costruzione dell’uomo, sia dal punto di vista filogenetico che ontogenetico. Sia filogeneticamente che ontogeneticamente l’estetico sorge dall’interazione precoce, nei giochi di finzione, tra la madre e l’infante. Tutto ciò conferma la tesi di Brodskij che l’estetico nasce nel bambino in fasi precoci della crescita.