24 febbraio 2023

«Tutto su Anna. Conversazione con Patrizia Carrano» di Doriano Fasoli

 

 

A cinquant'anni dalla morte esce, in una edizione ampliata e aggiornata, una biografia intitolata Tutto su Anna. La spettacolare vita della Magnani, edita da Vallecchi e firmata da Patrizia Carrano. Un volume di 400 pagine con una copertina che sottrae la nostra attrice al cliché di grande tragica con cui spesso la si ricorda: a guardare la fotografia che campeggia sul titolo sembra di sentire la risata dirompente di quel personaggio inconfondibile, «donna di cappa e di spada», come la chiamava Totò. Un’interprete capace di traversare il teatro classico e il varietà, il Neorealismo e la commedia leggera, con un suo stile personalissimo, nella vita come nella recitazione. Scapigliata quando le altre portavano acconciature leccate, non bella in un periodo di femminilità leziose, disobbediente e ribelle per temperamento, Anna Magnani è stata paradossalmente più dimenticata negli ultimi anni della sua vita che non oggi. Ne abbiamo parlato con l'autrice della biografia, Patrizia Carrano.

 

Doriano Fasoli: È possibile definire la Magnani in una frase?

 

Patrizia Carrano: Direi anche in una sola parola: contradditoria. Anna è stata antidiva ma primadonna. Bella ma anche brutta. Indipendente ma sottomessa. Coraggiosa ma paurosa. Drammatica ma ironica. Attrice classica ma dialettale. Principesca ma plebea. Moderna ma antichissima. E potrei continuare ancora.

 

A cinquant'anni dalla sua scomparsa che bilancio si può fare della sua presenza nel cinema?

 

Diciamo che la sua celeberrima corsa dietro il camion dei nazisti di Roma città aperta (1945) è divenuta il simbolo stesso del Neorealismo. L'icona del nuovo cinema del dopoguerra. Un cinema che è stato amato da Martin Scorzese, che si è imposto nel mondo per la sua forza dirompente, per ‘urlo delle cose’ che finalmente raccontava. La Magnani, con la sua recitazione moderna, scabra, aveva già attirato l'attenzione di Luchino Visconti che l'aveva scritturata per Ossessione (1943). Ma quando la lavorazione cominciò Anna era incinta di cinque mesi, e dovette rinunciare al ruolo che fu affidato a Clara Calamai. La Magnani apparteneva naturalmente alla temperie dei tempi nuovi. E difatti negli anni Cinquanta ebbe a disposizione dei personaggi indimenticabili, come l’omonima protagonista de L'onorevole Angelina (1947), oppure la carcerata di Nella città l'inferno (1959). La Magnani è stata l'interprete perfetta di un certo ribellismo femminile che affondava le sue radici nel rifiuto delle catene della tradizione, ma che non sapeva porsi traguardi che esulavano dal vitalismo dei propri sentimenti. Ad Anna si addiceva la protesta, si addiceva il disagio, il coraggio. Poteva essere Fedra, Medea, la Lupa di Verga, poteva essere un'amante delusa, una dolente madre mediterranea: tutti personaggi stretti e costretti nel ruolo che il mondo assegnava loro, tutte donne capaci di gesti assoluti, sanguinari. Questo non significa che sia datata. 


Vuol forse dire che è capace di superare ogni epoca?

 

Esattamente. La Magnani non è soltanto un medaglione incastonato nel Novecento. È un carattere intriso di eternità, un archetipo sbalzato nel metallo. Un mito, inteso come chiave indispensabile per esplorare le radici della nostra psiche. La Magnani ha denudato le nostre passioni, le ha tramutate in materia viva e palpitante: per questo non è stata dimenticata. Quando pensai a una biografia di Anna, alla fine degli anni Settanta, faticai molto a trovare l'interesse di un editore. Alla fine un geniale dirigente della Rizzoli, Edmondo Aroldi, mi disse: «Va bene. Purché non sia un saggio per cinefili.» Quando uscì, il libro andò benissimo, fece in pochi mesi quattro edizioni. La Magnani era rimasta nel cuore del pubblico, ma non in quello degli accademici. Oggi credo che non sia più così. Su quel viso c'è lo stemma araldico di tanto nostro buon cinema.

 

Come è stato costruito il libro?

 

Con una ricerca molto minuziosa: consultando la biblioteca teatrale del Burcardo, per trovare tutte le locandine e gli articoli su riviste come Il dramma. Frugando negli archivi dei giornali più importanti. E soprattutto raccogliendo oltre trenta testimonianze di quanti le erano stati vicino nello spettacolo come nella vita: da Sergio Amidei, sceneggiatore di Roma città aperta, a Suso Cecchi D'Amico, da Riccardo Billi a Vittorio De Sica, da Regina Bianchi al suo amico di sempre Gigi Pietravalle, a Paolo Stoppa, da Massimo Serato a Vieri Niccoli, dirigente della Paramount in Italia, da Giulietta Masina a Federico Fellini che ha poi scritto una introduzione al mio lavoro. Un impegno certosino, che è durato oltre quattordici mesi. Oggi tutto questo sarebbe impossibile. Parliamo di gente che è ormai scomparsa. 

 

Da dove viene l'idea di realizzare questa biografia?

 

Avevo scritto per l'editore Guaraldi un saggio, vivace e battagliero, sulla donna nel cinema italiano, intitolato Malafemmina (1977), che si interrogava sul personaggio femminile dal 1930, anno del primo film sonoro, fino al 1977. E mi ero resa conto di quanto la Magnani fosse un personaggio anomalo, incatalogabile, grandissima nelle vittorie come negli errori. Una volta che il libro su di lei uscì, e andò davvero bene, fui chiamata da un altro titolatissimo editore che mi offrì di fare la biografia di Roberto Rossellini. Ma declinai. Volevo cambiare, inseguire altri interessi. Per quel che so, una sontuosa biografia di Rossellini, ancora non c'è. Anche se è uscito nel 2020 un piccolo delizioso film documentario intitolato Rossellinis, girato da Alessandro Rossellini, in cui si racconta con dolorosa grazia, i disastri familiari che quel grande regista era riuscito a combinare.

 

E un film sulla Magnani?

 

Sono tentativi fatalmente destinati al disastro. Quale attrice può immedesimarsi efficacemente in un volto così anomalo ed espressivo? E quale epoca si racconta? Tutta la vita, dagli esordi alla fine? Meglio allora un ricco, colto e fervido documentario. Ricordo, per fare un esempio, L'ultimo gattopardo (2010), il documentario realizzato da Giuseppe Tornatore su Goffredo Lombardo. Oppure, sempre di Tornatore, Ennio (2021), su Morricone. Ecco, se Tornatore si dedicasse a un film del genere su Anna Magnani, sarei la prima spettatrice, del primo spettacolo, del primo giorno.

 

Doriano Fasoli

 

(Febbraio 2023)

 

 

 

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