Doriano Fasoli Derive. Schegge di vita in versi e in prosa Prefazione di Stefano Santuari Alpes, Roma 2021 X-139 pp. € 15,00 ISBN: 8865317345 |
Scrittore, critico, giornalista e sceneggiatore, studioso e docente di psicoanalisi e letteratura, Doriano Fasoli si ripresenta ora al pubblico in veste di poeta. Lo stile di Fasoli, sul quale tornerò, ricorda quello delle ‘poesie in prosa’ di Rimbaud, ed è particolarmente in linea col contenuto dell’opera, bene compendiato dal titolo. Come una barca che ha perso gli ormeggi e fluttua alla mercé della corrente – spiega Fasoli – così è la vita. Non si sa da dove si parte, non si sa da dove si viene e non si sa dove si arriva. È un moto che i greci definivano ‘planetario’, ovvero ‘errante’, come quello dei ‘pianeti’, appunto, chiamati così perché nella prospettiva geocentrica apparivano retrogradi. Tuttavia, osserva Fasoli, verso la fine di questo viaggio ‘planetario’ ci si accorge che non è tanto importante la meta – peraltro ignota – ma certe stazioni incontrate lungo la via.
Derive è il ricordo, tradotto nella forma poetica, di un centinaio di queste soste, siano esse incontri, interviste, ricordi di viaggio o emozioni vissute interiormente. Si inizia con infanzia e adolescenza, dove emerge la figura della madre e soprattutto del padre, controfigura di Jean Gabin nel Porto delle nebbie. Poi il militare, e successivamente l’incontro decisivo con Stefano Santuari, autore della bella prefazione. Gustosissima la loro irruzione nell’eremo di Camaldoli: un tentativo di fuga mistica dal mondo risolto in tagliatelle ai funghi porcini e telefonate di nascosto alle ragazze, prima della inevitabile cacciata dal convento. Anche Michele Psello, mutatis mutandis, fece un’esperienza simile, prima che il gorgo della vita lo risucchiasse di nuovo.
Esperienze di vita e di morte si intrecciano continuamente nel libro di Fasoli. Dal sofferto ricordo della lunga, eroica sofferenza di Martine alle interviste con Carmelo Bene e Fabrizio De André, entrambi destinati a una vita breve, ma quasi consapevoli di questo, e del fatto che dopo sarebbero vissuti perennemente nel ricordo. Altre figure note emergono dal ‘Vortice di incontri’ che vede sfilare personaggi come Barilli, Maria Luisa Spaziani, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Cesare Brandi, colto nella serenità della bella villa di Vignano di Siena, Emilio Garroni, Giovanni Macchia, Toti Scialoja, Sergio Endrigo, e altri ancora. In Appendice ritroviamo Carmelo Bene, intervistato nel corso del suo memorabile Riccardo III, Emilio Garroni, il cui ricordo mi riporta agli anni della Sapienza, ed Elémire Zolla, il nuovo, aristocratico vate della filosofia perenne di Agostino Steuco. E ancora, l’indimenticabile ritratto di Marguerite Duras, che aveva ribattezzato Fasoli ‘Terence Stamp’.
Non meno significative, perché confermano la mancanza di ancoraggio di tutto ciò che ci circonda, sono le ‘Occasioni mancate’ di Fasoli. Dalla mancata intervista ad Antonioni, perché frutto di una registrazione incomprensibile, a quelle con Gilles Deleuze e Mario Luzi, abortite per motivi diversi. Specchio di questa coscienza della provvisorietà è anche la paura – dopo quello della Biblioteca di Alessandria – di un incendio che distrugga tutti i libri. Ossessione, questa, che chiunque operi nel campo della letteratura e della filosofia può comprendere benissimo. Un tempo non uscivi di casa senza portarti dietro le bozze. Oggi, fortunatamente, hai in tasca una chiavetta che può contenere una biblioteca intera, ma è subentrata la paura di perdere anche quella.
Derive risulta, a una prima lettura, un libro di ricordi. Fasoli scrive che il ricordo di qualcosa sarà l’ultima frontiera prima di svanire nel ricordo degli altri. I ricordi (degli altri) erano necessari anche agli androidi di Blade Runner. Ma ciò che distingue Derive da un taccuino di appunti è la capacità di Fasoli di estrare poesia da ciascuno di questi ricordi. L’elemento caratterizzante della prosa poetica è la capacità di riassumere i tratti tipici di una persona, che ne fanno un individuo diverso dagli altri, in pochi tratti di penna, dai quali emergono gli aspetti decisivi di una personalità, che in qualche modo rappresentano il compendio di una intera vita. Nella sola prosa, come nel romanzo, saremmo arrivati a capire un personaggio dopo mille pagine e decine di eventi. Nella sola lirica, avremmo colto un aspetto isolato di lui. La poesia in prosa sorge quando pochi elementi lirici riescono ad esprimere e sintetizzare una vita intera. Cosa che nella letteratura, come nella pittura, è privilegio di pochi.
(Dicembre 2021)
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