Adriana Bianchin, laureata in Filosofia, allieva
della Scuola in ABOF di Milano, dirige i propri studi sulla corporeità nel
rapporto cultura-società, in particolare rispetto alla relazione corpo-mente.
Ha pubblicato in questi giorni (per Mimesis) il volume Corpo e carattere. Il dramma del contatto a partire da Reich.
Doriano
Fasoli: Bianchin, quando è nato il suo incontro con Wilhelm Reich? Perché il
suo particolare interesse per questa figura?
Adriana Bianchin: Il mio incontro con Wilhelm
Reich si può dire sia nato su di una bancherella di bric-à-brac, nel corso di
una breve vacanza in montagna. Vi avevo scovato per caso il libro Genitalità, una delle sue opere
giovanili: poiché non conoscevo ancora la figura di questo studioso, sono stata
semplicemente incuriosita dal titolo. Nel leggere il testo, a tratti mi sono
persino commossa, poiché mi son sentita profondamente compresa nella mia storia
di persona che in passato aveva sofferto per i suoi conflitti di probabile
natura nevrotica. In effetti, qualche tempo prima avevo sentito il bisogno di
fare un po' d'ordine e chiarezza in me stessa, perciò ero entrata in analisi.
Quasi contemporaneamente, proprio io che, da ragazza, mi ritenevo ‘allergica’ a
ogni attività sportiva, preferendo di gran lunga i miei beneamati libri e
alimentando, sin da allora, una certa naturale tendenza all'introspezione, ho
avvertito forte lo spontaneo e inspiegabile bisogno di intraprendere
un'attività corporea. Mi sono quindi rivolta allo Yoga, pensando forse a dei
movimenti dolci e rilassanti che mi facessero magari fare poca fatica, salvo
scoprire, nell'apparente staticità degli asana, ossia le diverse posture, un
potentissimo mezzo di trasformazione con cui, in un certo senso, avevo trovato
il modo di tradurre corporalmente gli aspetti problematici della mia stessa
personalità, aspetti problematici che andavo dipanando con l'aiuto del mio
valido analista.
Ho quindi proposto al mio maestro e mentore,
Romano Màdera, una ricerca su di una figura che coniugasse lo studio di queste
mie due fondamentali esperienze, individuandola in Alexander Lowen,
notoriamente il padre della bioenergetica. È stato quindi Màdera a suggerirmi
un confronto fra il lavoro di Lowen e quello del suo maestro Wilhelm Reich, ed
è stata una gioia, per me, scoprire che si trattava proprio di quel Reich. Infine, come ho scritto nell'introduzione
al mio libro Corpo e carattere. Il dramma
del contatto a ripartire da Reich (Mimesis), è stato da subito giocoforza
dover approfondire anche lo studio del pensiero freudiano, dal momento che, per
comprendere davvero quello del suo dotato allievo, appunto Wilhelm Reich, è
inevitabile conoscere abbastanza bene la psicoanalisi, di cui lo stesso Reich
si è sempre considerato, e a ragione, l'unico vero continuatore.
Qual è
l’attualità del suo pensiero?
Premesso che, proprio fra la generazione di
coloro i quali hanno trascorso la loro giovinezza aprendosi alle idee
reichiane, ho spesso osservato delle reazioni di scetticismo, quasi una sorta
di déjà-vu più deluso che nostalgico,
a me pare che il pensiero di Reich sia più attuale che mai per gli stessi
motivi che ne hanno decretato l'ambiguità della sua trascorsa fama. Mi spiego
meglio. A partire da una prima falsa evidenza circa la cosiddetta rivoluzione
sessuale, e quindi la liberazione sessuale degli individui, quelle che soltanto
una sessantina d'anni fa erano delle forti repressioni, e conseguenti rimozioni
presenti nella nostra società, oggi pare siano del tutto scomparse, al punto da
tramutarsi addirittura in comportamenti di segno opposto; se però ci
interroghiamo profondamente circa la capacità reale di godere appieno delle
nostre esistenze, di cui la sessualità, per lo stesso Reich, è soltanto uno
degli aspetti, sebbene il più importante, dobbiamo constatare che il piacere di
vivere non parrebbe poi così diffuso. Lo testimoniano i disordini alimentari
e/o del sonno, l'insoddisfazione amorosa e lavorativa generalizzata, disturbi ritenuti
in fondo comuni, e particolarmente legati allo stress, come ad esempio la
gastrite e il famigerato binomio colesterolemia –pressione alta, atteggiamenti
variamente depressivi, oppure larvatamente violenti, salvo venire allo scoperto
quali fatti di cronaca. Un individuo che soffre di tali patologie, tutto
sommato ritenute ancora nella ‘norma’, e comunque il minimo della pena per una
vita appunto stressante come molte di quelle occidentali, non è che poi,
nell'intimità, riesca magicamente a dare il meglio di sé.