Giovanni Sias è psicoanalista. Vive e lavora a Milano, dove si occupa, in particolare, della formazione degli psicoanalisti. Studioso e teorico della psicoanalisi fa parte dell’Area Mediterranea di Psicanalisi, un collettivo di lavoro che raccoglie psicoanalisti italiani, francesi di area provenzale e occitana, e spagnoli. La sua ricerca teorica si rivolge in particolare alle strutture fondanti la pratica della psicoanalisi e alla rielaborazione costante dei principi primi della conoscenza psicoanalitica: Edipo, Mosè e il pensiero sapienziale (Presocratici e profeti), le forme di elaborazione e trasmissione della psicoanalisi (il teatro, la letteratura, l’arte) e dei suoi rapporti con il pensiero scientifico moderno. A Milano collabora con la Fondazione Humaniter istituita dalla Società Umanitaria, dove tiene un seminario sulla Cultura della psicoanalisi. Dalla Fondazione «Dino Terra» e dal Comune di Lucca è stato nominato direttore scientifico del convegno internazionale Letteratura e psicoanalisi del marzo 2012. I suoi lavori più importanti sono pubblicati in Italia e in Francia, oltre ad articoli pubblicati in inglese, spagnolo, portoghese, greco e turco. Tra i tanti si ricordano: «L’artista e la follia», in Cristaldi, Miriam (a cura di), Arte come evocazione, L’Uovo di Struzzo, Torino 1990; Inventario di psicoanalisi, Bollati Boringhieri, Torino 1997; «Clinica del ritratto», in Raimondi, Ezio (a cura di), Ritratto della poesia, Quaderni del Circolo degli Artisti di Faenza, Faenza 1998; «Nel nome del padre», Bibbia e Oriente, vol. 43, n. 210, 2001; Fuga a cinque voci. L’anima della psicanalisi e la formazione degli psicoanalisti, Antigone, Torino 2008; «logos. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi», Kamen’, n. 34, gennaio 2009, pp. 91-131; «Il motto di spirito nei suoi rapporti con la verità», in AA.VV., Atti del Convegno internazionale di studi sull’umorismo, Lucca 6-8 aprile 2009, a cura di Daniela Marcheschi; Appunti per una nuova epistemologia. La psicanalisi, la scienza, la verità, Zona Franca, Lucca 2011; «ובד. Il ritorno della sapienza antica nell’esperienza della psicanalisi», Enthymema, n. 9, dicembre 2013, pp. 334-369; «La psicoanalisi dopo José Ortega y Gasset», Studi Ispanici, Anno 40, 2015, pp. 147-176.
La presente conversazione prende origine dall'uscita dell'ultimo libro di Sias: La Follia ritrovata. Senso e realtà dell’esperienza psicoanalitica, Alpes Italia, Roma 2016.
Doriano Fasoli: Come nasce il suo ultimo lavoro, dottor Sias?
Giovanni Sias: La Follia ritrovata nasce da un articolo di alcuni anni fa, scritto per il blog di un’amica cantante jazz e psicanalista, Laura Pigozzi, in cui affrontavo alcuni temi riguardanti la follia, in particolare in relazione alla musica, e a cui aggiunsi, come sintomo della moderna mentalità intorno alla follia, e in forma di elogio, un paio di pagine sull’autismo. I temi toccati erano la letteratura, in particolare in relazione al lavoro di Giuseppe Pontiggia, la filosofia, il teatro. Era comunque un articolo breve che non approfondiva in maniera sufficiente nessun aspetto. Insomma, un articolo che mi lasciava insoddisfatto, soprattutto per il suo sorvolare sui vari e tanti temi che apriva. Cosa, questa, per me un po’ particolare e fino allora estranea al mio modo di scrivere che si è sempre sviluppato in modo piuttosto omogeneo lungo un solo tema, mentre in questo libro i temi sono molti. Ma soprattutto la riflessione sulla follia, il tema dell’articolo, mi sembrava eccessivamente incompleta e inconclusa.
A riaprire la mia attenzione verso il tema del mio articolo, un paio di anni dopo, o forse anche tre, fu un articolo di un filosofo russo, Vitalij Machlin, pubblicato sulla rivista di letteratura Enthymema, dell’università Statale di Milano, dal titolo «Oltre l’interpretazione», dove l’autore, prendendo spunto dal lavoro scientifico di Bachtin, si fa portatore di una nuova proposta di dialogo fra autore e lettore. Si riaprirono così temi rilevanti del mio percorso di ricerca, come la traduzione, la lettura, il sogno e così via. Insomma i temi toccati nel libro la cui occasione di pubblicazione mi fu offerta da Doriano Fasoli per i tipi di Alpes Italia.
La scrittura restava però sul piano della domanda. Alla fine mi sono reso conto che intorno al tema centrale, la follia, e gli altri temi che in relazione si aprivano, potevo avvicinarli solo per domande; di ciò che mi ero proposto di sviluppare non riuscivo a dire nulla di conclusivo, non andavo oltre il domandarmi, oltre all’articolazione della domanda e l’accostamento dei temi trattati. Alla fine, questo piccolo libro, così diverso da tutti gli altri scritti, mi è risultato forse più soddisfacente, più libero, senza eccessive griglie interpretative che, alla fine, lasciano sempre un testo apparentemente concluso ma anche rinchiuso in un involucro di finitezza. L’apertura della domanda, invece, è resa infinita dall’assenza di risposta, di una risposta univoca. La risposta, in effetti, impedisce quel processo di conoscenza che l’interrogazione avvia. In una esperienza psicanalitica non ci sono risposte, ma una continua articolazione della domanda, spinta sempre a livelli superiori, e cioè l’articolazione della domanda è l’apertura a un’altra domanda più complessa e più impegnativa.