A cinquant'anni dalla morte esce, in una edizione ampliata e aggiornata, una biografia intitolata Tutto su Anna. La spettacolare vita della Magnani, edita da Vallecchi e firmata da Patrizia Carrano. Un volume di 400 pagine con una copertina che sottrae la nostra attrice al cliché di grande tragica con cui spesso la si ricorda: a guardare la fotografia che campeggia sul titolo sembra di sentire la risata dirompente di quel personaggio inconfondibile, «donna di cappa e di spada», come la chiamava Totò. Un’interprete capace di traversare il teatro classico e il varietà, il Neorealismo e la commedia leggera, con un suo stile personalissimo, nella vita come nella recitazione. Scapigliata quando le altre portavano acconciature leccate, non bella in un periodo di femminilità leziose, disobbediente e ribelle per temperamento, Anna Magnani è stata paradossalmente più dimenticata negli ultimi anni della sua vita che non oggi. Ne abbiamo parlato con l'autrice della biografia, Patrizia Carrano.
Doriano Fasoli: È possibile definire la Magnani in una frase?
Patrizia Carrano: Direi anche in una sola parola: contradditoria. Anna è stata antidiva ma primadonna. Bella ma anche brutta. Indipendente ma sottomessa. Coraggiosa ma paurosa. Drammatica ma ironica. Attrice classica ma dialettale. Principesca ma plebea. Moderna ma antichissima. E potrei continuare ancora.
A cinquant'anni dalla sua scomparsa che bilancio si può fare della sua presenza nel cinema?
Diciamo che la sua celeberrima corsa dietro il camion dei nazisti di Roma città aperta (1945) è divenuta il simbolo stesso del Neorealismo. L'icona del nuovo cinema del dopoguerra. Un cinema che è stato amato da Martin Scorzese, che si è imposto nel mondo per la sua forza dirompente, per ‘urlo delle cose’ che finalmente raccontava. La Magnani, con la sua recitazione moderna, scabra, aveva già attirato l'attenzione di Luchino Visconti che l'aveva scritturata per Ossessione (1943). Ma quando la lavorazione cominciò Anna era incinta di cinque mesi, e dovette rinunciare al ruolo che fu affidato a Clara Calamai. La Magnani apparteneva naturalmente alla temperie dei tempi nuovi. E difatti negli anni Cinquanta ebbe a disposizione dei personaggi indimenticabili, come l’omonima protagonista de L'onorevole Angelina (1947), oppure la carcerata di Nella città l'inferno (1959). La Magnani è stata l'interprete perfetta di un certo ribellismo femminile che affondava le sue radici nel rifiuto delle catene della tradizione, ma che non sapeva porsi traguardi che esulavano dal vitalismo dei propri sentimenti. Ad Anna si addiceva la protesta, si addiceva il disagio, il coraggio. Poteva essere Fedra, Medea, la Lupa di Verga, poteva essere un'amante delusa, una dolente madre mediterranea: tutti personaggi stretti e costretti nel ruolo che il mondo assegnava loro, tutte donne capaci di gesti assoluti, sanguinari. Questo non significa che sia datata.