La contr’ora
osservazione in agosto, il 16
Sembra faccia paura lo sfoltirsi
di persone,
dalla fine di luglio a degradare,
nel buio. Ma il diradarsi di vite
comporta l’infittirsi di vita – la fluente,
infiltrante, inaridente, dilagante gloria
negli spazi liberi.
Gli spruzzi di oro antico sulle siepi
basse sono già minaccia – e le gocce numerate
della pioggia nell’afa che non bagna
neanche se stessa.
Le cicale
hanno sfregato a fondo, sminuzzando
gli angoli annerati di un minuto
solare. Lungo il ritorno a casa
se ne calpesta l’opera, la segatura
di miliardi di corolle
tenere, la scia di sangue verde ed ocra
ripulita dai plotoni di api.
E qualche desiderio, un brano
di conversazione, tre sospiri si levano
in volute di polveri, raspati dalle elitre violente
degli insetti; ricadendo quiete.
La piazza che si rende ora
desertica mi fa più compagnia. La popolo
con le presenze certe di chi
immagino siano.
* * *
Gli alberi, per esempio
osservazione in Febbraio, il 22
Fronde di testimoni, ecco, per esempio
gli alberi.
Su quali
fondali
devastati stanno imperturbabili. Assediati
da quante vite
brute si schiomano. E non
se ne vanno. In autunno,
per stanchezza,
sfogliano.
Agli
alberi, seriamente, non importa.
* * *
Sesta relazione bimestrale
In una baita senza ingresso, di legno chiaro e tenero e tiepida. Una finestra quadrata sfiorata ritmicamente da un ramo di mandorlo fiorito, come il tratto finale di una mano che tasti la casa. Il tocco cadenzato fa voltare lo sguardo verso il vetro. Sono fuori, nudo. Le messi mi coprono all’altezza del collo. A sinistra, in un orizzonte altrimenti ininterrotto, si alzano due colonne altissime sul promontorio a picco. Più in fondo deve esserci la distesa marina, non vista ma presente.
I fruscii sono nitidi e catalogati con una perizia assoluta, unici come impronte digitali.
Impronte psichiche fanno esistere ciò che si immagina.
Su una spiga si posa una macchia di Rorschach, ne riceve lo sguardo e ne spicca un lepidottero o uno scarabeo.
Il foglio che la contiene si dissolve in filamenti di fibre, con le mie note personali, e in calce – che impone di risponderle: di chi ti ricordi per sorridere?
* * *
A una fotografa
Quante immagini annegano che chiedono
salvezza. Alcune nacquero
naufraghe, lasciate andare, come te, sciolte
da un primo abbraccio per legarsi
agli altri.
E poco esperta della tua salvezza,
forse tenti la loro;
la salvezza di un rettangolo
per cui fluisce il divenire e il mondo e
nubi cariche a rancore che rispondono di questo
rosso (di vergogna) cupo, di tramonti fuori
fuoco e poco o niente
che speri.
Questa è l’arte che ami, di cui bruci,
a cui torni, in cui sembri
spiegarti
alla vita: lo scrivere di te
con le ombre e con la poca luce.
* * *
Il giorno dopo
Prima inquadratura
…gli isolotti chiazzati dal chiaro
acquerellano l’ambiente di tinte vivide e
crude, finalmente
si decidono i colori e i contrasti
accanto alla necessità
di vivere, ne emergono maglioni
spiegazzati, calze nere e
colline di vestiti e di disordine
inviolato e intimo…
* * *
Il giorno dopo
Seconda inquadratura
…ne esce il tuo mondo e i suoi oggetti:
le matite, i segnalibri, un tassello
di legno marchiato a fuoco dalla tua
mano di pirografista… ne esce la nostra
camera frugata dal ventaglio
delle ore – e ci incidono come la punta diamantata
sopra il vetro…
e da un sonno subacqueo, abissali,
emergiamo noi, quasi a colpi
di ventre, a questo giorno fatto, il calore
fluisce, ridisegna e compone e
ordina la nostra religione – l’amore ha resistito
ancora
ai colpi bassi del tempo, all’elenco
brutale della normalità…
(da: Costantino Belmonte, Gli alberi, per esempio, La Gru, Sonnino 2018.)
Nessun commento:
Posta un commento