Umberto Piersanti |
Doriano Fasoli: Tra alberi e vicende è la sua ultima raccolta poetica pubblicata per Archinto. Cosa suggerisce questo titolo?
Umberto Piersanti: Tra alberi e vicende è il mio libro più recente, ma anche il più antico, in quanto raccoglie tutte le pubblicazioni precedenti la trilogia einaudiana. Gli alberi indicano il mio amore totale ed assoluto per la natura: essere un poeta di natura non vuol dire nominare qualche fiore o qualche pianta. Tranne pochissimi metropolitani, lo fanno quasi tutti gli autori. Essere un poeta di natura significa buttare la testa tra l'erba, percepire suoni, odori, rumori, vivere insomma il mondo attraverso la specula della natura. La mia poesia ha sempre mantenuto questa costante. Non c'è in me, però, alcuna connotazione ecologica e poca volontà di contestazione verso il presente. Dunque non contrappongo una natura intatta ed un integro ed autentico mondo contadino all'inautenticità del presente alla maniera di un Olmi o di un Pasolini. È la memoria che rintraccia la natura e la vita di un tempo. La mia natura conosce anche l'oscurità e il dolore: qualcuno ha parlato giustamente di «Arcadia d'ombra». Le vicende indicano il mio feroce attaccamento al reale e alla vita come ha giustamente sottolineato fin dall'inizio Carlo Bo. Il reale di cui parlo c’entra poco con il neorealismo o dimensioni affini: reale è anche la fantasia più sconvolta, il pensiero più segreto, lo spessore impalpabile dell'aria.
Umberto Piersanti: Tra alberi e vicende è il mio libro più recente, ma anche il più antico, in quanto raccoglie tutte le pubblicazioni precedenti la trilogia einaudiana. Gli alberi indicano il mio amore totale ed assoluto per la natura: essere un poeta di natura non vuol dire nominare qualche fiore o qualche pianta. Tranne pochissimi metropolitani, lo fanno quasi tutti gli autori. Essere un poeta di natura significa buttare la testa tra l'erba, percepire suoni, odori, rumori, vivere insomma il mondo attraverso la specula della natura. La mia poesia ha sempre mantenuto questa costante. Non c'è in me, però, alcuna connotazione ecologica e poca volontà di contestazione verso il presente. Dunque non contrappongo una natura intatta ed un integro ed autentico mondo contadino all'inautenticità del presente alla maniera di un Olmi o di un Pasolini. È la memoria che rintraccia la natura e la vita di un tempo. La mia natura conosce anche l'oscurità e il dolore: qualcuno ha parlato giustamente di «Arcadia d'ombra». Le vicende indicano il mio feroce attaccamento al reale e alla vita come ha giustamente sottolineato fin dall'inizio Carlo Bo. Il reale di cui parlo c’entra poco con il neorealismo o dimensioni affini: reale è anche la fantasia più sconvolta, il pensiero più segreto, lo spessore impalpabile dell'aria.