È proprio la risposta, mammina
cara, che non cerchiamo piú;
residui individui come siamo
di un tempo vecchio e assieme
di uno nuovo che ancora non svela
la sua forma. Che non è piú né mito
né storia né progresso.
Franco Marcoaldi¹
Alla memoria di Allen Ginsberg e Gianni Martella
In un tempo in cui si va velocizzando la fruizione estetica (anche delle opere d'arte), ad alcuni anziani artisti e poeti, come nei bei tempi andati, vengono profferti onori nelle piú varie occasioni, dalla mostra rappresentativa di un percorso individuale e di un'epoca, alla presentazione di un libro, a cittadinanze e lauree honoris causa. Questi avvenimenti, apparentemente dedicati alla cultura, ben poco hanno a che fare con la reale fruizione delle opere dei festeggiati e, come barlumi di poca fonte, producono un impercettibile effetto sulla collettività, che può riconoscersi piuttosto in una perniciosissima omissione: i promotori e gli interpreti dell'evento celebrano un passato che è, sí, ancora in vita, ma con il fine non della rivalsa dell'intelligenza e della sensibilità dalle stradine e dai viottoli dell'oblio bensí della garanzia –autopromossa mediante il rito culturale dall'accademico, dal politico, dall'imprenditore, dall'operatore culturale d'occasione– di una spudorata, e talvolta davvero inconsapevole, impunità da parte di quegli italiani i quali all'arte e alla letteratura non sono del tutto restii. Questi italiani vengono di fatto ingannati, giacché la vera letteratura è entro le regole della collettività, e vi dimora bene, solo quando quest'ultima è serena. Non mi pare di riscontrare attualmente in Italia una tale serenità.