All'annuncio del conferimento del Nobel 1995 per la letteratura c'è stata in Italia tutta una rassegna di articoli imbarazzanti, particolarmente perché poco avevano a che vedere con l'opera del destinatario del premio e tantomeno con il senso dell'attribuzione. Il poeta e saggista irlandese Seamus Heaney non è né autore di poca fama nell'ambito della letteratura in lingua inglese, né il premio è in sé rivolto ad autori la cui opera sia di tale pregio universale da lasciare tutti contenti.
La reazione immediata nella provincia Italia fu quella dell'opposizione all'irlandese da parte di coloro che speravano che in quest'ultima premiazione il conferimento andasse all'italiano Mario Luzi (reduce dalle polemiche avanzate da Joseph Brodsky), ma ben presto si fece largo uno stuolo di 'conoscitori' di Heaney che accrebbe in dismisura una polemica di basso rango. Anzitutto perché né gli uni né gli altri seppero indicare i pregi e le motivazioni che sottostavano la scelta degli accademici di Svezia.
Riguardo al secondo punto, quello delle motivazioni, è ovvio che, nell'ambito della letteratura in lingua inglese, Seamus Heaney veniva scelto per ragioni non molto diverse da quelle che ispirarono, settant'anni prima, la premiazione di William Butler Yeats, e cioè ragioni d'ordine politico.
Ciò non vuol dire che l'indipendenza irlandese del 1921, perfezionata nel 1949, e il cessate il fuoco unilaterale e a tempo indeterminato dell'Ira (Irish Republican Army: l'Esercito Repubblicano Irlandese) del 31 agosto 1994 abbiano a offuscare in alcun modo il merito di questi due poeti. Sarebbe troppo lungo l'elenco degli scrittori meritevoli del riconoscimento che sono stati scavalcati da altri anche di poco pregio e di minore conseguenza (Proust, Musil, Brecht, Céline, Joyce, Pound, Borges, Ungaretti, Valéry, Pessoa, Rilke). Solo pensare che Maria Grazia Deledda sia fra i Nobel e fra questi non compaia Virginia Woolf la dice oltre misura.