La letteratura ha una tendenza all’accordo: mobilitandosi dalle urgenze dell’individuo, va a ricercare un linguaggio comune. Spesso si tratta di un’urgenza dell'autore, di un suo umore individuale, che viene convogliato in un’azione (lo scrivere), l’esercizio della quale evoca nell'autore stesso, attraverso ciò che comunemente chiamiamo formazione e sensibilità, un’espressione fatta di scenari linguistici, di modi di dire, di luoghi interiori che subito vengono acciuffati dall’autore nella propria mente.
Questi acciuffamenti interiori possono essere in qualche modo rispettosi di un discorso comune, tesi a una dizione che si integri con uno scenario regolato da altri e con gli altri, che tenga conto della propria collocazione ambientale, della tendenza della letteratura contemporanea, assumendo una forma efficace per accedere a pieno titolo in quello che viene chiamato «agone letterario», ossia il luogo di confronto e di scontro delle scritture di una determinata epoca.
La scrittura di Emily Dickinson, una donna vissuta a metà dell’Ottocento, è particolarmente affascinante per due motivi: innanzitutto perché la sua opera appare meno inquinata dalle mode letterarie, dall'agone che caratterizza in genere le preoccupazioni dei poeti; poi per la stretta tangenza del suono e dell’idea, dell’immagine e della sua espressione in parole, al punto che, nei suoi riguardi, si è parlato di charm e riddle (incantesimo e indovinello) a un tale grado che torna inadeguato qualsiasi tentativo di traduzione.