2 marzo 2015

«Vivo così. Intervista ad Alberto Toni» di Doriano Fasoli

Alberto Toni in una foto di Dino Ignani

Alberto Toni è nato nel 1954 a Roma, dove vive e lavora. Numerose sono le sue opere di poeta, saggista e drammaturgo, per le quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Tra le sue opere in versi, si ricordano qui: La chiara immagine, Rossi & Spera (1987), che ha ottenuto il Premio speciale opera prima L’isola di Arturo – Elsa Morante; Partenza, Empirìa (1988); Dogali, Empirìa (1997), Premio Sandro Penna; Liturgia delle ore, Jaca Book (1998), Premio Internazionale Eugenio Montale; Teatralità dell’atto, Passigli (2004), Premio Pier Paolo Pasolini; Mare di dentro, Puntoacapo (2009); Alla lontana, alla prima luce del mondo, Jaca Book (2009), finalista dei premi Brancati, Camaiore e Dessì; Democrazia, La Vita Felice (2011); «Un padre», in AA.VV., Almanacco dello Specchio 2010-2011, Mondadori (2011); Polvere, sassi, oli, Il Bulino (2012), con Franco Fanelli; Mare di dentro e altre poesie, LaRecherche.it / Poesia 2.0 (2013); Et allons, Progetto Cultura (2013); Stone Green. Selected Poems 1980-2010, Gradiva Publications (2014), traduzioni inglesi di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti. Tra le opere in prosa: Con Bassani verso Ferrara, Unicopli (2001); Quanto è lungo il sempre, Manni (2001); L’anima a Friburgo, Edup (2007). Ha tradotto, tra gli altri, testi di Emily Dickinson, T. S. Eliot e Michel Leiris. Come drammaturgo è autore del monologo in versi Donna su una poltrona rossa (Ianua, 2003) portato in scena per la prima volta il 21 aprile 2004 al Teatro Argot di Roma, nell'interpretazione di Paola Lorenzoni, incentrato sul rapporto tra Marie-Thérèse Walter e Pablo Picasso. Alberto Toni collabora con l’inserto letterario Via Po del quotidiano della Cisl Conquiste del Lavoro. La presente intervista prende spunto dall'uscita del suo recente libro di poesie: Vivo così, edito da Nomos nel 2014.

Doriano Fasoli: Vivo così. Perché la scelta di questo titolo?

Alberto Toni: Il titolo Vivo così è ripreso dalla prima poesia del libro. Segna dunque l'incipit, è introduzione a quello che verrà, si leggerà nel libro. Afferma e, nel contempo, rimanda. Ci si chiede: vivo così come? Non c'è risposta se non andando avanti, proprio come nella vita. Quel «così» è tutto, può essere letto in mille modi: il presente, uno stato, una condizione. Non c'è giudizio. Poi si scopre subito che si tratta di una condizione d'attesa, che è ascolto, perché non si può scrivere senza ascoltare. E qui l'ascolto nasce dall'esperienza diretta, un'esperienza ospedaliera per la precisione, con tutto quello che comporta nella condivisione con gli altri, i personaggi che entrano in gioco e che passo dopo passo ritornano, vibrano dentro un paesaggio inquieto che richiama fantasmi del passato. Ha ragione Mario Santagostini quando nella prefazione parla di fumus narrationis. È vero, la mia poesia parte sempre da un dato reale che poi diventa percorso mentale, astratto, senza però perdere le coordinate. Da una cosa ne nasce un'altra, magari lontanissima, e si attualizza, va a sommarsi. Vivo così vuol dire questo: fare il conto delle cose viste e vissute nel tempo e nello spazio.

Se dovessi dare un colore alla tua poesia, quale sceglieresti?

Giorgio Linguaglossa ha parlato di grigio come colore dominante, un colore che segna l'indistinto. In realtà io penso più a un rosso chiaro aurorale, che poi si tramuta in celeste, magari con qualche striatura, proprio là dove c'è un effetto combinatorio dei colori, così come per le parole che nello svolgersi del discorso tracciano le linee della narrazione. Il libro infatti è una sorta di narrazione mascherata o mancata, allusiva, di alti e bassi, certo e incerto, come un ventaglio che si apre e si richiude mostrando soltanto per qualche istante la trama del disegno.