27 ottobre 2014

«Franz Kafka. Conversazione con Claude David» di Doriano Fasoli

 

 

 

 

 

Claude David vive e lavora a Parigi (dove lo abbiamo incontrato). Decano della germanistica francese, autore di numerosi saggi sul romanzo sentimentale nella letteratura tedesca del XVIII secolo – Goethe, Schiller, Kleist, Rilke, Kraus, – è, tra l'altro, il curatore delle Opere complete di Franz Kafka ne La Pléiade di Gallimard. In Italia è uscita la sua biografia dello scrittore: Franz Kafka (Einaudi, Torino 1992).

Doriano Fasoli: Professor David, in che cosa consiste la novità del suo contributo su Kafka rispetto alle numerosi pubblicazioni già esistenti sullo scrittore ceco?

Claude David: A me sembra che, nonostante la quantità di libri scritti su Kafka, ce n'era uno che mancava, e vale a dire una biografia pura e semplice. Esisteva la biografia di Max Brod, vi erano un gran numero di interpretazioni: mancava solamente un racconto della vita di Kafka, il più spoglio possibile. Non so se lei ne è al corrente, ma ho pubblicato tutte le opere di Kafka in quattro volumi ne La Pléiade e ho fatto tutte le interpretazioni immaginabili; ma in questo libro ho voluto attenermi unicamente alla biografia, che forse non contiene granché, perché Kafka ha vissuto una vita senza molte storie, che però è apparsa ugualmente interessante.

Qual è, secondo lei, l'attualità di Kafka?

È difficile a dirsi, perché dipende da ciò che intende per l'oggi. Ormai sono decine di anni che Kafka viene considerato come la figura centrale del ventesimo secolo. Mi sembra, in effetti, che egli abbia inventato una formula letteraria che da allora si è imposta a tutti. Una grande semplificazione della letteratura è stato il suo apporto fondamentale. Vediamo che la sua lingua è molto semplice, molto spoglia, se paragonata a quella di Thomas Mann o di Rilke. Kafka va direttamente alla cosa, dice delle cose complesse ma nel modo più essenziale. È questo stile scarno nella letteratura che ha fatto sì che non si possa scrivere più diversamente. Nell'introduzione alle Opere complete ho scritto che nel ventesimo secolo vi sono state due grandi tendenze: una è stata Proust, l'altra Kafka. Bisognava scegliere tra le due: Proust è la raffinatezza, la sfumatura; Kafka, al contrario, è l'incamminamento verso le questioni fondamentali.

14 ottobre 2014

«Nota su un altro Nobel francese per la letteratura» di Nicola d'Ugo






Sono lieto quando assegnano un nuovo Premio Nobel per la letteratura. Viene messo in risalto un autore importante. I Premi Nobel sono tutti autori straordinari, inclusi Deledda, Quasimodo e Fo, anche se possono sembrare meno significativi di Pascoli, d'Annunzio, Ungaretti, Moravia, Pasolini e Calvino. Quindi Patrick Modiano è senz'altro uno scrittore straordinario che leggerò volentieri.

Il limite del Nobel non è mai la qualità dell'autore prescelto, è che l'Accademia Svedese che lo assegna vede la letteratura come qualcosa fatto quasi solo da maschi europei. Su 111 Nobel letterari, solo 30 non sono europei, e solo 13 donne lo hanno ricevuto. E poi sono fissati coi francesi: secondo loro più del 10% degli autori meritevoli spuntan fuori dalla Francia come dall'albero della cuccagna. Guardano col fumo negli occhi i russi, snobbano gli italiani e gli americani, sono xenofobi del Medio ed Estremo Oriente, quasi quanto sono misogini. Il Nobel non viene dato al più grande scrittore del mondo, ma a un autore eccezionale, questo sì. Chi si aspetta altro si aspetta troppo da un premio.

Il Nobel ha un carattere didattico, esemplificativo, di segnalazione di certi livelli elevati della letteratura, di certa profondità di pensiero e partecipazione alle problematiche umane. È un premio frutto del secondo Ottocento, quindi di un modo di concepire la letteratura in senso classico, partecipato, pienamente impegnato nell'attività di miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo contemporaneo. Il Nobel ha una ricaduta anche sul mercato, ma non si basa su regole di mercato, le quali non gli interessano affatto: anzi, essere troppo pubblicizzati può essere un motivo di bocciatura, in quanto l'Accademia Svedese potrebbe ritenere inopportuno premiare un autore osannato acriticamente o anche solo accostato a un promotore sgradito.

Ciò detto, non credo che l'eccellenza minima di un destinatario del Nobel sia mai stata raggiunta da altri premi letterari, Pulitzer e Man Booker inclusi. L'opera dell'Accademia Svedese è notevole e meritoria, anche se, con le loro idiosincrasie e simpatie, alla fine non hanno sfondato il muro del suono, per cui Ibsen, Tolstoj, Twain, Rilke, Woolf, Joyce, Achmatova, Huidobro e Brecht se li sono visti volare sopra la testa. Ognuno ha i propri limiti. Ma i limiti del Nobel, ancora dimolto perfettibile, sono limiti che partono da vette elevatissime. Leggere un qualsiasi Premio Nobel di ottanta novanta anni fa dà l'idea della fresca e sapiente classicità delle loro scelte.